Autodeterminazione nella fruizione e monetizzazione delle ferie dei dirigenti pubblici. Confermata la nostra tesi.

Corte di Appello di Napoli, Sez. Lavoro, Pres. Cristofano, Rel. Agostinacchio, sent. 27.9.2023, n. 3334, xy contro Città Metropolitana di Napoli (Avv. Alessandro Biamonte).

1. Il personale di ruolo dirigenziale degli Enti Locali non ha l’obbligo di richiedere ad alcun organo, né dirigenziale, né tantomeno politico, l’autorizzazione alla fruizione delle ferie, potendole liberamente determinare, con un solo limite, derivante dalla responsabilità per la Direzione assegnata: quello delle esigenze di servizio, che devono consistere in “eccezionali ed obiettive necessità aziendali o personali ostative”(cfr., sul punto, Cass. sez. lav. Ord. n. 20091 del 30/07/2018, in atti, e Cass. Sez. lav. 28/02/14 n. 4855, Cass. Sez. lav. 13/03/09 n. 6228, Cass. Sez. lav. 07/06/05 n. 11786).

2. ll dirigente che, pur avendo il potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza da parte del datore di lavoro, non lo eserciti e non fruisca del periodo di riposo annuale, non ha diritto alla indennità sostitutiva, a meno che non provi di non avere potuto fruire del riposo a causa di necessità aziendali assolutamente eccezionali e obiettive (cfr. Cass. 24.11.2017 n. 28082, con richiamo a Cass. 14.3.2016 n. 4920; Cass. 13.6.2009 n. 13953; Cass. 7.6.2005 n. 11786; e in motivazione con riferimento alla dirigenza pubblica Cass. Sez. U. 17.4.2009 n. 9146 e Cass. 26.1.2017 n. 2000).

3. Non merita accoglimento la domanda di del dirigente che – a fronte della prova della sollecitazione alla fruizione effettuata dal datore di lavoro – non dimostri di aver dato riscontro a tali sollecitazioni e si astenga dall’offrire una rigorosa prova a sostegno delle proprie allegazioni circa l’impossibilità di fruire del periodo di riposo previsto.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI

Sezione controversie di lavoro, previdenza ed assistenza

composta dai magistrati:

1. dr. Rosa Bernardina Cristofano, Presidente                                                           

2. dr. Maristella Agostinacchio, Consigliere rel.

3. dr. Francesca Amarelli, Consigliere 

riunita in camera di consiglio, all’esito della trattazione scritta del procedimento, ha

pronunciato il giorno 1 giugno 2023 la seguente 

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 3390 r. g. Sez. Lav. dell’anno 2019, vertente

TRA

XY, nato a Napoli il 3.06.1953, costituito in proprio e anche dall’avv. AY ed elettivamente domiciliato presso lo studio sito in Napoli, xx

Appellante

E

CITTA’ METROPOLITANA DI NAPOLI,  in persona del suo legale rappresentante pro tempore, il Sindaco Metropolitano Prof. Gaetano Manfredi, rappresentata e difesa, per procura allegata e Decreto Sindacale di nomina n. 315/2022, dall’ Avv. Alessandro Biamonte,  presso il cui Studio elegge domicilio in Napoli, Corso Umberto I n. 35

Appellata

OGGETTO: appello avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 7256/2019,

pubblicata il 7.11.2019.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato dinanzi al Tribunale di Napoli il 27.02.2017 xy-  premesso di aver svolto l’incarico di Avvocato capo-coordinatore dal giorno 1.02.1997 fino alla data di collocamento in quiescenza, avvenuto il 30.09.2016 (con determina dirigenziale n. 3873 del 15.06.2016 a seguito di risoluzione del rapporto per dichiarazione di soprannumero del personale in deroga all’art. 24 del D.L. n. 201/11 convertito in legge n. 214/11) alle dipendenze della Provincia di Napoli e poi, ex lege n. 56/14 della Città Metropolitana di Napoli- esponeva che, con nota del 25.03.2016,  il Capo Dipartimento aveva comunicato che  fino al 30.09.2016 al ricorrente competevano n. 227 giorni di ferie residue di cui 203 giorni maturati negli anni precedenti e 24 giorni maturandi fino al 30.09.2016; che egli aveva goduto di n. 20 giorni di ferie poiché, a causa di esigenze urgenti ed indifferibili che ne avevano richiesto la costante permanenza in servizio, non aveva potuto godere de residui 207 giorni. Il ricorrente, poi, eccepiva che, essendone divenuta impossibile la fruizione a causa della sopravvenuta dispensa dal servizio, alla fattispecie non fosse applicabile il divieto di monetizzazione di cui all’articolo 5 comma 8 del DL numero 95 del 6 luglio 2012. Nello specifico, egli lamentava di non aver goduto del periodo di ferie contrattualmente previste, proprio a causa di un’inadeguata ed insufficiente organizzazione aziendale e di un’endemica carenza del personale segnalata in diverse occasioni, che aveva determinato un aggravio di lavoro per la vacanza di due uffici direttivi dell’Ufficio di gestione del contenzioso per oltre un triennio e per l’assunzione della Direzione del Contenzioso amministrativo a partire dal 2.08.2014.

Chiedeva dunque accertare e dichiarare che egli non avesse regolarmente fruito del godimento dei periodi di congedo feriale e, quindi, che la Città Metropolitana di Napoli, già Amministrazione Provinciale di Napoli, era debitrice, nei suoi confronti, della complessiva somma di €. 67.968,45 (o in subordine della somma di euro 55.146,00, tenuto conto del periodo a partire dall’entrata in vigore del DL n. 95/2012), oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla maturazione all’effettivo soddisfo, a titolo di indennità sostitutiva per mancato godimento delle ferie maturate. Il tutto con il favore delle spese del grado.

L’amministrazione convenuta in primo grado si costituiva ed eccepiva preliminarmente l’inammissibilità della domanda per insussistenza dei presupposti di legge; nel merito deduceva che l’avv. XY, nel periodo contestato, ricopriva il ruolo di dirigente coordinatore, per cui, ricoprendo una posizione apicale, poteva autoregolamentarsi le ferie e che comunque, in caso di necessità, il predetto pur se sollecitato non aveva mai proposto un piano di smaltimento delle ferie cui fosse stato opposto un diniego.

Con la sentenza indicata in epigrafe il Giudice del Lavoro del Tribunale di Napoli ha ritenuto che, secondo l’orientamento giurisprudenziale di legittimità, i lavoratori con qualifica dirigenziale (come appunto il ricorrente), diversamente dagli altri dipendenti non dirigenti, hanno il potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza del datore di lavoro per cui, ove i predetti non esercitino il potere medesimo e non usufruiscano, quindi, del periodo di riposo annuale, non hanno il diritto all’indennità sostitutiva delle ferie non godute, a meno che non provino la ricorrenza di eccezionali ed obiettive necessità aziendali o personali ostative.

Il primo giudice, in particolare, ha sottolineato l’assenza di una precisa allegazione e prova delle indifferibili esigenze di servizio (a fronte della sussistenza di periodi di sospensione dei termini processuali), ostative della fruizione del periodo feriale ed ha inoltre evidenziato come il ricorrente fosse rimasto inerte rispetto alle molteplici sollecitazioni a lui rivolte dall’Amministrazione al fine di consentire un piano di recupero delle ferie.

Tutto ciò argomentato, il Tribunale ha rigettato la domanda proposta dall’attore per difetto di allegazione e prova, compensando integralmente tra le parti le spese del giudizio. 

XY ha proposto appello avverso tale sentenza ricostruendo il quadro contrattuale e normativo nel quale si collocavano i presupposti della propria domanda e  sostenendo di avere dimostrato l’esistenza di indifferibili esigenze organizzative che avevano impedito la fruizione delle ferie nel periodo in esame, specie in ragione del fatto che l’appellante- per la sua qualifica dirigenziale e la sua posizione apicale- era responsabile del conseguimento del risultato gestionale assegnatogli.

Ha inoltre lamentato che non fosse stata adeguatamente valorizzata dal Tribunale la circostanza che egli fosse stato dispensato dal servizio per volontà unilaterale dell’Amministrazione che aveva grandemente anticipato il collocamento a riposo del ricorrente, impedendogli di fruire delle ferie residue.

La parte appellata si è costituita in giudizio contestando tutte le ragioni di gravame ed ha concluso chiedendo il rigetto dell’appello ex adverso proposto.

Nelle more del giudizio (già assegnato al Cons. Cilenti e successivamente redistribuito nel marzo 2023) è stata disposta la trattazione scritta ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c. con sostituzione, da ultimo, dell’udienza del giorno 1 giugno 2023 con lo scambio delle note scritte all’esito del quale – a seguito della camera di consiglio svoltasi in tale data- la causa è stata decisa secondo le argomentazioni di cui alla presente sentenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appello è infondato.

Le censure sollevate dall’appellante possono essere valutate unitariamente e meritano di essere disattese per i seguenti motivi che sono idonei ad assorbire ogni altra questione.

Il Tribunale ha rigettato la domanda di liquidazione dell’indennità sostitutiva delle ferie maturate e non godute negli anni dal 2002 al 2011 argomentando sostanzialmente sulla regola della autodeterminazione delle ferie da parte del dirigente. Per quel che concerne, poi, i residui quattro giorni relativi all’anno 2012 ha sottolineato come non fosse stata fornita alcuna allegazione specifica circa l’impossibilità di fruirne nel periodo di sei mesi decorrenti dalla data di preavviso di cessazione del rapporto.

Il primo giudice ha osservato che, al fine di considerare il mancato godimento delle ferie preclusivo del diritto alla loro monetizzazione, la ricorrenza di eccezionali ed obiettive necessità aziendali ostative o la ricorrenza di cause di forza maggiore ostative, in quanto rientranti nel fatto costitutivo della domanda (cfr. art. 17 comma 11 CCNL del 10.04.1996 e successivi indicati alle pagg. da 2 a 5 del ricorso in appello), deve essere provata dal dirigente e deve risultare da atti formali provenienti dall’organo legittimato a negarle ed al quale fosse stato preventivamente inviato il piano ferie predisposto. Ritenuto il difetto di prova di tali elementi, considerati presupposti necessari della eccezionale liquidabilità dell’indennità, la domanda è stata rigettata per tutti gli anni in esame, compresi gli anni successivi al 2012 non essendo stata effettuata una compiuta allegazione e prova della presunta impossibilità.

Circa il tema della monetizzazione delle ferie appare opportuno evidenziare che secondo la Cassazione il divieto di monetizzazione, ripreso dal D. Lgs n. 66 del 2003, art. 10, comma 2 che ha dato attuazione alla direttiva 2003/88/CE, in particolare all’art. 7, “è evidentemente finalizzato a garantire il godimento effettivo delle ferie, che sarebbe vanificato qualora se ne consentisse la sostituzione con un’indennità, la cui erogazione non può essere ritenuta equivalente rispetto alla necessaria tutela della sicurezza e della salute, in quanto non permette al lavoratore di reintegrare le energie psico-fisiche (si rimanda alla motivazione della recente sentenza n. 95 del 2016 Corte Cost. e alla giurisprudenza ivi richiamata). Da ciò discende che l’eccezione al principio, prevista nella seconda parte delle disposizioni richiamate (art. 7 par. 2 direttiva 2003/88/CE e art. 10, comma 2 D.Lgs. n. 66/2003 n.d.r.) opera nei soli limiti delle ferie non godute relative al periodo ancora pendente al momento della risoluzione del rapporto, e non consente la monetizzazione di quelle riferibili agli anni antecedenti, perché rispetto a queste il datore di lavoro doveva assicurare l’effettiva fruizione; una diversa interpretazione finirebbe per rendere di fatto inoperante la regola generale, risolvendosi nella previsione della indiscriminata convertibilità pecuniaria del diritto, anche se differita al momento della cessazione del rapporto.

Ciò peraltro, non significa che il lavoratore, al quale il godimento delle ferie non sia stato in effetti garantito, resti privo di tutela, perché sia in corso del rapporto che al momento della sua risoluzione, potrà invocare la tutela civilistica e far valere l’inadempimento del datore di lavoro che abbia violato le norme inderogabili sopra richiamate e non gli abbia consentito di recuperare le energie psico-fisiche.

In prospettiva generale, il diritto per il quale l’odierno appellante ha agito è quello all’integrale godimento delle ferie garantito e disciplinato dall’art. 36 Costituzione, dall’art. 2109 c.c., dall’art. 10 del decreto legislativo n. 66/2003.

Sempre in prospettiva ricostruttiva generale, secondo gli insegnamenti più recenti della S.C., cui questo Collegio intende conformarsi, “il diritto alle ferie è irrinunciabile e, come tale, è garantito dall’art. 36 Cost. e dall’art. 7 della direttiva 2003/88/CE”.

Con particolare riguardo alla questione oggetto di causa, la Suprema Corte ha rammentato che “ 2.2 Sul tema dispiega decisiva influenza la normativa Eurounitaria e, secondo Corte di Giustizia 6 novembre 2018, Max-Planck, infatti, “l’art. 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, e l’art. 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella discussa nel procedimento principale, in applicazione della quale, se il lavoratore non ha chiesto, nel corso del periodo di riferimento, di poter esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite, detto lavoratore perde, al termine di tale periodo automaticamente e senza previa verifica del fatto che egli sia stato effettivamente posto dal datore di lavoro, segnatamente con un’informazione adeguata da parte di quest’ultimo, in condizione di esercitare questo diritto.

D’altra parte, la Direttiva estende i propri effetti in tema di ferie anche ai dirigenti (v. art. 17 Direttiva 2003/88/CE che, nel consentire agli Stati membri un diverso trattamento rispetto ai diritti dei dirigenti, esclude dalle norme derogabili l’art. 7, riguardante appunto le ferie) e deve dunque definirsi come operino, rispetto ad essi, i principi fissati in sede Eurounitaria, essendosi espressamente affermato, nel contesto della pronuncia citata, la necessità che il giudice nazionale operi “prendendo in considerazione il diritto interno nel suo complesso e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo”, onde “pervenire a un’interpretazione di tale diritto che sia in grado di garantire la piena effettività del diritto dell’Unione”.

La Corte di Giustizia individua nel proprio ragionamento tre cardini del giudizio di diritto demandato al giudice nazionale, al fine di assicurare che il lavoratore sia stato messo effettivamente nelle condizioni di esercitare il proprio diritto alle ferie, consistenti:

a) nella necessità che il lavoratore sia invitato “se necessario formalmente” a fruire delle ferie e “nel contempo informandolo in modo accurato e in tempo utile… se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento” (punto 45);

b) nella necessità di “evitare una situazione in cui l’onere di assicurarsi dell’esercizio effettivo del diritto alle ferie annuali retribuite sia interamente posto a carico del lavoratore” (punto 43);

c) infine, sul piano processuale, nel prevedere che “l”onere della prova, in proposito, incombe al datore di lavoro …. sicchè la perdita del diritto del lavoratore non può aversi ove il datore “non sia in grado di dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinchè il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto”.

Può essere che, rispetto ad un dirigente, per la normale posizione di minor debolezza e maggiore conoscenza dei dati giuridici, le predette condizioni possano trovare in concreto applicazioni di minor rigore, sotto il profilo dell’intensità informativa o del grado di diligenza richiesta al datore di lavoro, ma certamente essi permangono a governare l’istituto dell’attribuzione, perdita o monetizzazione delle ferie.” (cfr. Cass.civ., Sez.Lav., 6.06.2022 n. 18140).

In definitiva, quindi, è onere del datore di lavoro dimostrare di aver posto il lavoratore in condizione di fruire delle ferie ma tale onere è meno stringente ove si consideri la posizione apicale del lavoratore richiedente.

Rispetto a tali principi generali va quindi tenuto conto del fatto che *** rivestiva pacificamente la qualifica di dirigente di ruolo e svolgeva le funzioni di Avvocato capo-coordinatore presso l’Amministrazione appellata, sottoposto dunque ad una disciplina peculiare in ordine al godimento delle ferie fino all’anno 2011.

Osserva la Corte che in particolare, relativamente al personale dirigente, l’articolo 17 del c.c.n.l. 10.04.1996 comparto Regioni-Autonomie Locali, prevede che: “1. Il dirigente ha diritto, in ogni anno di servizio, ad un periodo di ferie retribuito pari a 32 giorni lavorativi, comprensivi delle due giornate previste dall’ articolo 1, comma 1, lettera “a”, della L. 23 dicembre 1977, n. 937. In tale periodo, al dirigente spetta anche la retribuzione di cui agli artt. 40 e 41. 2. ….3. ….4. …5. …6. …7. …

8. Le ferie sono un diritto irrinunciabile e non sono monetizzabili, salvo quanto previsto nel comma 13. Esse sono fruite, anche frazionatamente, nel corso di ciascun anno solare in periodi programmati dallo stesso dirigente in relazione alle esigenze connesse all’incarico affidato alla sua responsabilità e nel rispetto dell’assetto organizzativo dell’ente. 9. …10. ….

11. In caso di indifferibili esigenze di servizio o personali che non abbiano reso possibile il godimento delle ferie nel corso dell’anno, le ferie dovranno essere fruite entro il primo semestre dell’anno successivo. 12. ….

13. Fermo restando il disposto del comma 8, all’atto della cessazione dal rapporto di lavoro, qualora le ferie spettanti a tale data non siano state fruite per esigenze di servizio, l’amministrazione di appartenenza procede al pagamento sostitutivo delle stesse. Analogamente si procede nel caso che l’amministrazione receda dal rapporto ai sensi dell’art. 27.”

La riportata regolamentazione è stata sostanzialmente confermata dalla contrattazione collettiva successiva, con l’unica variazione della possibilità, in caso di esigenze di servizio assolutamente indifferibili, di prorogare il termine di godimento delle ferie fino alla fine dell’anno successivo (art. 8 c.c.n.l. 12/02/02).

Dall’art. 17 co. 8 del CCNL Area Dirigenza Enti Locali del 10/4/1996, e dall’ art. 8 CCNL del 12/02/2002 si evince che il personale di ruolo dirigenziale degli Enti Locali non ha l’obbligo di richiedere ad alcun organo, né dirigenziale, né tantomeno politico, l’autorizzazione alla fruizione delle ferie, potendole liberamente determinare, con un solo limite, derivante dalla responsabilità per la Direzione assegnata: quello delle esigenze di servizio, che devono consistere in “eccezionali ed obiettive necessità aziendali o personali ostative”(cfr., sul punto, Cass. sez. lav. Ord. n. 20091 del 30/07/2018, in atti, e Cass. Sez. lav. 28/02/14 n. 4855, Cass. Sez. lav. 13/03/09 n. 6228, Cass. Sez. lav. 07/06/05 n. 11786).

Dunque, rispetto alla fattispecie in esame, il dirigente che, pur avendo il potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza da parte del datore di lavoro, non lo eserciti e non fruisca del periodo di riposo annuale, non ha diritto alla indennità sostitutiva, a meno che non provi di non avere potuto fruire del riposo a causa di necessità aziendali assolutamente eccezionali e obiettive (cfr. Cass. 24.11.2017 n. 28082, con richiamo a Cass. 14.3.2016 n. 4920; Cass. 13.6.2009 n. 13953; Cass. 7.6.2005 n. 11786; e in motivazione con riferimento alla dirigenza pubblica Cass. Sez. U. 17.4.2009 n. 9146 e Cass. 26.1.2017 n. 2000).

Ovviamente il principio riportato va interpretato in modo conforme al principio di irrinunciabilità delle ferie, sancito dall’art. 36 Cost., di guisa che “si applica solo nei confronti dei dirigenti titolari del potere di attribuirsi il periodo di ferie senza ingerenze da parte del datore di lavoro e non anche nei confronti dei dirigenti privi di tale potere” (Cassazione Sez. Lavoro, Sentenza n. 6493 del 09/03/2021).

La posizione del *** risulta essere di dirigente e non emerge alcuna ingerenza da parte di superiori gerarchici nel potere di auto-individuazione dei periodi feriali.

Agli atti del giudizio, nella produzione di parte ricorrente si rinvengono infatti una pluralità di note -aventi cadenza sostanzialmente annuale- provenienti dal dirigente addetto all’area risorse umane e successivamente provenienti dal Segretario Generale della Provincia con le quali l’appellante viene invitato al godimento delle ferie maturate e non usufruite, con la contestuale espressa segnalazione che godimento delle ferie costituisce un diritto irrinunciabile, che le stesse devono essere godute nel corso di ciascun anno solare con la possibilità di slittamento solo in ipotesi di indifferibili esigenze di servizio e comunque entro la fine dell’anno successivo a quello di maturazione. Nelle note prodotte (risalenti anche all’anno 2011), provenienti dunque dalla Dirigenza del personale ed aventi contenuto sollecitatorio ed ampiamente informativo, viene altresì formulato espresso avviso che altrimenti le stesse andranno perdute.

Dagli atti esaminati e dalle comunicazioni periodicamente inviate all’appellante emerge in modo chiaro la posizione di autonomia nell’organizzazione delle ferie riconosciuta al dirigente appellante, al quale viene ribadito l’obbligo di fruire delle ferie maturate lasciando tuttavia alla sua valutazione l’organizzazione concreta sotto un profilo di collocazione temporale nell’anno successivo alla maturazione dei giorni di ferie, dei quali viene peraltro espressamente suggerito il frazionamento.

L’odierno appellante – a fronte della prova della sollecitazione effettuata dal datore di lavoro- non ha dimostrato di aver dato riscontro a tali sollecitazioni e, a sostegno delle proprie allegazioni circa l’impossibilità di fruire del periodo di riposo previsto, ha dedotto che: “dal 1996 al 2016 partecipava con frequenza quasi quotidiana, anche in giorni festivi e non lavorativi ed in orari anche notturni, a riunioni ed incontri plurimi nell’arco della giornata con i vertici politici e burocratici dell’Ente, anche su tematiche diverse, in presenza di situazioni che richiedevano interventi immediati e rapidi legati a vicende complesse ed in costante evoluzione tanto da richiedere un’assistenza personale continua ai fini della loro positiva soluzione, tra cui: la gestione dell’emergenza rifiuti in Campania, con la istituzione della relativa società in house *** S.p.a. nonché la liquidazione dei Consorzi Unici di Bacino, il risanamento della società di trasporto provinciale e la gestione della lunga fase ispettiva della Ragioneria Generale dello Stato, con i connessi risvolti giudiziari innanzi alla Corte dei Conti, aventi tutti ricadute non solo economiche, ma anche di ordine pubblico, determinando l’aumento esponenziale, altrettanto prevedibile ed eccezionale. Del contenziosi di particolare complessità…”; ha aggiunto che: “…la fruizione delle ferie maturate e non godute sarebbero state comunque, come accennato, impossibili ed incompatibili con il corretto svolgimento delle funzioni istituzionali e il raggiungimento degli obiettivi prefissati dal P.E.G. (piano esecutivo di gestione)…” concludendo che la costante presenza in ufficio avrebbe garantito lo stesso dal concreto pericolo di danno erariale (cfr. pagg. da n. 6 a n. 8 del ricorso introduttivo del giudizio).

Orbene, tali allegazioni -del tutto generiche- sono state suffragate solo da una serie di note inoltrate da*** a partire dal 2011 e finalizzate a segnalare le carenze di organico presso l’ufficio.

Nessuna prova, invece, *** ha offerto al fine di dimostrare di avere dato corso alle numerose sollecitazioni inviate dall’Amministrazione al fine di programmare la fruizione delle ferie (allegati nn. 10, 13,14, 15 al fascicolo di parte appellata) né ha provato il rifiuto al nulla osta attraverso atti formali provenienti dall’organo legittimato a negare le ferie, né è risultato che allo stesso fosse stato preventivamente inviato il piano ferie predisposto dal dirigente.

In ogni caso, in punto di fatto deve rilevarsi che l’appellante nulla ha dedotto circa le specifiche ragioni che avrebbero imposto la sua presenza in ufficio pur a fronte della sospensione dei termini operante nel periodo estivo, secondo quanto evidenziato dal primo giudice. Egli, inoltre, non ha fornito alcuna indicazione circa le modalità organizzative seguite dall’Ufficio in merito alla distribuzione dei compiti e della redazione dei singoli atti (non si spiega, infatti, come mai la dirigente *** al momento della cessazione dal servizio avesse solo dieci giorni di ferie residue per gli anni precedenti a fronte delle 203 giornate dell’odierno appellante, cfr. allegato n. 3 del fascicolo di parte appellata).

Di fronte a tali carenze di allegazione circa la programmazione delle ferie dovute su tutto l’arco temporale utilizzabile in base alla contrattazione collettiva non può certo dirsi comprovata la sussistenza di ragioni indifferibili che abbiano impedito la fruizione delle ferie.

Quanto al periodo successivo al 2012, deve indagarsi dell’eventuale ricorrenza dei presupposti di liquidabilità in favore del dirigente che non abbia provveduto all’auto-assegnazione delle ferie. Al divieto di monetizzazione sono previste due deroghe basate su circostanze fattuali eccezionale, che richiedono la concorrenza di due presupposti: che la mancata fruizione dei periodi programmati di ferie sia dipesa da eventi non riconducibili alla volontà del lavoratore, ed, altresì, che il rapporto di lavoro cessi anticipatamente per cause non dipendenti dalla volontà del lavoratore, rendendo così impossibile il godimento tardivo delle ferie maturate.

Tali deroghe sono previste: a) dalla Circolare interpretativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’08.10.12, che, chiarendo la disposizione di cui all’art. 5 co. 8 D.L. n. 95/12, ha consentito la monetizzazione nei soli casi di cessazione del rapporto di lavoro per malattia, dispensa dal servizio, decesso del dipendente, in quanto, appunto, eventi non dipendenti dalla volontà del lavoratore; b) dal co. 13 dell’art. 17 CCNL del 1996, secondo cui può ricorrersi all’indennità sostitutiva nel caso in cui alla cessazione del rapporto di lavoro emergano ferie non fruite per esigenze di servizio.

Ebbene, parte appellante rispetto agli inviti annuali ricevuti dai dirigenti amministrativi del personale, non ha dedotto in modo specifico né dimostrato l’esistenza di esigenze organizzative che precludessero il godimento eventualmente frazionato in brevi periodi, nei mesi successivi al periodo di maturazione. In altri termini, seppure si volesse riconoscere efficacia probatoria in ordine alla ricorrenza di eccezionali ed obiettive esigenze ostative al godimento cumulativo delle ferie al momento di ciascuna richiesta documentata, non risulta però comprovata la permanenza delle predette esigenze per tutto il periodo successivo in cui le ferie annuali potevano essere utilmente godute (e cioè fino al primo semestre o addirittura al secondo semestre successivo), magari operando un opportuno e ragionevole frazionamento delle stesse per non lasciare scoperto l’ufficio per periodi troppo lunghi.

Deve chiarirsi che l’inconciliabilità con le esigenze d’ufficio di un periodo di assenza continuativa del dirigente di oltre 60 giorni non implica la assoluta e definitiva non godibilità delle ferie, poiché l’inopportunità di un’assenza lunga del dirigente -magari in un periodo particolarmente denso di impegni e scadenze o scoperto di personale- potrebbe essere ovviata con assenze intervallate e frazionate invece accettabili. Si tratta appunto di un compito organizzativo e valutativo di compatibilità-sostenibilità non a caso delegato direttamente al dirigente ed alla sua capacità di prospettiva organizzativa. Risultando pienamente accertati il tempestivo e ripetuto sollecito pervenuto all’appellante dall’Amministrazione che lo invitava periodicamente a godere al più presto delle ferie maturate; asseverato altresì l’assolvimento dell’obbligo informativo, da parte della PA nelle medesime note inviate all’appellante, delle conseguenze del mancato tempestivo godimento; indimostrata la permanenza continuativa e senza riduzioni di intensità delle esigenze eccezionali per tutti gli anni in cui le ferie si sono accumulate deve concludersi per l’infondatezza del gravame, non essendo stata dimostrato l’assolvimento dei doveri di buona fede e collaborazione da parte del dirigente lavoratore.

Quindi deve rigettarsi l’appello e confermarsi la sentenza impugnata.

La complessità della materia trattata e la varietà del quadro giurisprudenziale (con i recenti arresti in materia di ripartizione dell’onere probatorio) giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti per il presente grado del giudizio.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunciando, così decide:

– rigetta l’appello;

– compensale spese del grado. Dà atto della sussistenza a carico dell’appellante dei presupposti per l’applicabilità dell’art.1 comma 17 legge 228\2012 che ha aggiunto il comma 1-quater al DPR n. 115 del 2002, se dovuto.

Così deciso in Napoli in data 1 giugno 2023

Il Presidente              Dr.ssa Maristella Agostinacchio

Il Consigliere est.      Dr.ssa Rosa Bernardina Cristofano

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