Onorari degli avvocati pubblici, sentenze favorevoli alla P.A. e compensazione delle spese. Sull’operatività dei limiti. Confermata la nostra tesi.

Corte di Appello di Napoli, I unità sez. Lavoro, Pres. ed Est. M.V. Papa, xy (Avv. Paola Esposito) contro Città Metropolitana di Napoli (Avv. Alessandro Biamonte), sent. 2.1.2024, n. 4093/2023. Rigetta appello e conferma sentenza primo grado.

REPUBBLICA ITALIANA

In Nome Del Popolo Italiano

CORTE DI APPELLO DI NAPOLI

La Corte di Appello di Napoli – Sezione lavoro – I unità – nelle persone dei Magistrati

dott. Mariavittoria Papa                                                   Presidente rel. est.

dott.  Giovanna Guarino                                                  Consigliere

dott. Nicoletta Giammarino                                             Consigliere

riunita in camera di consiglio ha pronunziato in grado di appello alla udienza del

15/11/2023 la seguente 

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 3278 dell’anno 2022  

TRA

A

L

rappresentati e difesi, in virtù di mandato depositato nel fascicolo telematico, dall’avv. PAOLA ESPOSITO presso lo studio della quale in NAPOLI alla PIAZZA EDUARDODE FILIPPO n. 8 sono elettivamente domiciliati  

APPELLANTI

E

 CITTA’ METROPOLITANA DI NAPOLI in persona del suo legale rappresentante pro tempore, il Sindaco Metropolitano Prof. Gaetano Manfredi, rappresentata e difesa, per procura depositata nel fascicolo telematico e Decreto Sindacale n. 277/2023 del 5.6.2023, dall’Avv. Alessandro Biamonte presso lo studio del quale, in NAPOLI, al CORSO UMBERTO I n. 35, è elettivamente domiciliato 

APPELLATO

FATTO E DIRITTO

1.Con ricorso depositato il 28 dicembre 2022, gli avv. hanno proposto appello  avverso la sentenza pronunciata in data 29 novembre 2022 dal Tribunale di Napoli in funzione di Giudice del lavoro con la quale era stata rigettata la domanda di condanna della Città Metropolitana di Napoli al pagamento in loro favore dei compensi professionali  dovuti in virtù di sentenze favorevoli  all’ente ma con compensazione integrale delle spese di lite depositate prima del 25 giugno 2014 e passate in giudicato.

Hanno dedotto che erroneamente il primo Giudice aveva ritenuto il ricorso carente sotto il profilo della allegazione dei fatti costitutivi della pretesa. 

Contrariamente a quanto affermato nella memoria difensiva dell’ente resistente e recepito con la gravata sentenza, infatti, nel ricorso introduttivo era stato chiaramente individuato il thema decidendum costituito dalla spettanza dei compensi professionali per le sentenze favorevoli all’ente pronunziate prima del giugno 2014 con le quali era stata disposta la compensazione delle spese.

La controversia trovava origine nella necessità di accertare le modalità di computo dei compensi in questione e, soprattutto, la non assoggettabilità dei detti compensi ai limiti introdotti dal D.L. 90/2014.

Essi appellanti, avendo proposto domanda di condanna generica, non erano tenuti alla quantificazione della pretesa né, alla luce della copiosa documentazione prodotta, poteva revocarsi in dubbio la sussistenza di crediti impagati.

Hanno concluso, pertanto, chiedendo che, in riforma della sentenza impugnata, fossero integralmente accolte le conclusioni formulate con il ricorso introduttivo del giudizio.

2.Ricostituito il contraddittorio, la appellata ha eccepito, preliminarmente, la inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 434 c.p.c..

Sempre in via preliminare ha, altresì, riproposto la eccezione di inammissibilità della domanda poiché genericamente finalizzata al mero accertamento ed alla declaratoria del diritto a fronte di comprovati pagamenti per il medesimo titolo rispetto ai quali nulla si era argomentato.

Nel merito l’ente appellato ha, poi, ribadito la infondatezza delle avverse pretese evidenziando come la determina n.8204 del novembre 2019 fosse riferita alla diversa ipotesi di compensi dovuti in virtù di sentenze favorevoli all’ente che avevano condannato le controparti alla rifusione delle spese.

Ha dedotto, altresì, che la nota n. 127111 del 19.11.2020 non era sottoscritta da tutti gli avvocati dipendenti dell’ente e che, pertanto, non poteva considerarsi verificata la condizione dell’«accordo condiviso da tutti i soggetti interessati» necessaria in mancanza di un regolamento applicabile.

Ha concluso, pertanto, per il rigetto dell’appello, vinte le spese del grado.

3.Alla odierna udienza la causa è stata decisa dandosi lettura del dispositivo. 4.Preliminarmente deve respingersi la eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalla difesa della appellata.

Come precisato dalla Corte di legittimità a Sezioni Unite, infatti, (cfr. sentenza n. 27199 del 16/11/2017, n.27199), gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e ontrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata.

Nel caso che qui ne occupa l’atto introduttivo illustra con sufficiente chiarezza le censure mosse alla sentenza impugnata e allega con precisione gli argomenti posti a sostegno del gravame.

5.Nel merito, tuttavia, l’appello non è fondato e deve essere rigettato anche se per motivazioni diverse da quelle adottate dal primo Giudice.

6.Giova premettere che gli odierni appellanti, professionisti appartenenti all’Area Avvocatura costituita dall’ente, attualmente in quiescenza, avevano diritto in corso di rapporto a compensi professionali disciplinati, successivamente alla così detta privatizzazione dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni Pubbliche, dall’art. 37 del contratto normativo per il triennio 1998/2001. La norma prevede che gli enti provvisti di Avvocatura costituita secondo i rispettivi ordinamenti disciplinano la corresponsione dei compensi professionali, dovuti a seguito di sentenza favorevole all’ente, secondo i principi di cui al regio decreto-legge 27.11.1933 n. 1578 valutando l’eventuale esclusione, totale o parziale, dei dirigenti interessati, dalla erogazione della retribuzione di risultato. Sono fatti salvi gli effetti degli atti con i quali gli stessi enti abbiano applicato la disciplina vigente per l’Avvocatura dello Stato anche prima della stipulazione del presente CCNL.

Secondo la interpretazione della Corte di legittimità la norma collettiva non impone obblighi a carico dell’ente ma si limita ad attribuire il potere di quantificare i compensi nel rispetto dei principi dettati per gli onorari degli avvocati (cfr. Cass. Sez. lav. n.15597/2022 e n. 27316/2021).

La disciplina in parola, dunque, è dettata unilateralmente senza l’intervento della contrattazione integrativa legittimata soltanto, come previsto dell’art. 27 del contratto del 14.9.2000 per il personale non dirigente, a determinare una correlazione tra tali compensi e la retribuzione di risultato.

In conseguenza, non è configurabile l’esistenza di un diritto al compenso per effetto diretto della clausola pattizia che come detto fissa una direttiva che richiede di essere integrata da atti successivi (così Cass. 15597 del 16 maggio 2022) ….e il dipendente di un ente pubblico con mansioni di dirigente che svolga abitualmente per espressa previsione contrattuale anche l’attività di difesa in giudizio dell’ente non ha diritto a percepire oltre alla normale retribuzione anche onorari e competenze per l’attività professionale svolta salvo che esista una disposizione amministrativa o una clausola contrattuale in tal senso (cfr. Cass. 8.8.2006 n.17941 ed ib. 27316/2021).

Nel caso che qui ne occupa, con determinazione dirigenziale del 14.2.2001 (cfr. doc. 18 della produzione di parte appellante) la Città metropolitana ha provveduto a dettare i riteri per la liquidazione dei compensi e la ripartizione tra gli addetti all’aera legale anche per il caso che qui ne occupa di sentenze favorevoli con spese compensate.

Il comma 457 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 ha, per la prima volta, fissato un tetto ai compensi in questione stabilendo che, a decorrere dal 1º gennaio 2014 e fino al 31 dicembre 2016, i compensi professionali liquidati, esclusi, nella misura del 50 per cento, quelli a carico della controparte, a seguito di sentenza favorevole per le pubbliche amministrazioni ai sensi del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, o di altre analoghe disposizioni legislative o contrattuali, in favore dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ivi incluso il personale dell’Avvocatura dello Stato, sono corrisposti nella misura del 75 per cento. Le somme provenienti dalle riduzioni di spesa di cui al presente comma sono versate annualmente dagli enti e dalle amministrazioni dotate di autonomia finanziaria ad apposito capitolo di bilancio dello Stato.

A questa norma ha fatto seguito il decreto legge 24 giugno 2014 n.90 convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 2014, n. 114 che, all’art. 9, ha disposto:

1. I compensi professionali corrisposti dalle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, agli avvocati dipendenti delle amministrazioni stesse, ivi incluso il personale dell’Avvocatura dello Stato, sono computati ai fini del raggiungimento del limite retributivo di cui all’articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni.

2. Sono abrogati il comma 457 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e il terzo comma dell’articolo 21 del testo unico di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611.  L’abrogazione del citato terzo comma ha efficacia relativamente alle sentenze depositate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

3. Nelle ipotesi di sentenza favorevole con recupero delle spese legali a carico delle controparti, le somme recuperate sono ripartite tra gli avvocati dipendenti delle amministrazioni di cui al comma 1, esclusi gli avvocati e i procuratori dello Stato, nella misura e con le modalità stabilite dai rispettivi regolamenti e dalla contrattazione collettiva ai sensi del comma 5 e comunque nel rispetto dei limiti di cui al comma 7. La parte rimanente delle suddette somme e’ riversata nel bilancio dell’amministrazione.

4. Nelle ipotesi di sentenza favorevole con recupero delle spese legali a carico delle controparti, il 75 per cento delle somme recuperate e’ ripartito tra gli avvocati e procuratori dello Stato secondo le previsioni regolamentari dell’Avvocatura dello Stato, adottate ai sensi del comma 5.

5. I regolamenti dell’Avvocatura dello Stato e degli altri enti pubblici e i contratti collettivi prevedono criteri di riparto delle somme di cui al primo periodo del comma 3 e al primo periodo del comma 4 in base al rendimento individuale, secondo criteri oggettivamente misurabili che tengano conto tra l’altro della puntualità negli adempimenti processuali. I suddetti regolamenti e contratti collettivi definiscono altresì i criteri di assegnazione degli affari consultivi e contenziosi, da operare ove possibile attraverso sistemi informatici, secondo principi di parità di trattamento e di specializzazione professionale.

6. In tutti i casi di pronunciata compensazione integrale delle spese, ivi compresi quelli di transazione dopo sentenza favorevole alle amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, ai dipendenti, ad esclusione del personale dell’Avvocatura dello Stato, sono corrisposti compensi professionali in base alle norme regolamentari o contrattuali vigenti e nei limiti dello stanziamento previsto, il quale non può superare il corrispondente stanziamento relativo all’anno 2013. Nei giudizi di cui all’articolo 152 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, possono essere corrisposti compensi professionali in base alle norme regolamentari o contrattuali delle relative amministrazioni e nei limiti dello stanziamento previsto. Il suddetto stanziamento non può superare il corrispondente stanziamento relativo all’anno 2013.

7. I compensi professionali di cui al comma 3 e al primo periodo del comma 6 possono essere corrisposti in modo da attribuire a ciascun avvocato una somma non superiore al suo trattamento economico complessivo.

8. Il primo periodo del comma 6 si applica alle sentenze depositate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. I commi 3, 4 e 5 e il secondo e il terzo periodo del comma 6 nonché il comma 7 si applicano a decorrere dall’adeguamento dei regolamenti e dei contratti collettivi di cui al comma 5, da operare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. In assenza del suddetto adeguamento, a decorrere dal 1º gennaio 2015, le amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 non possono corrispondere compensi professionali agli avvocati dipendenti delle amministrazioni stesse, ivi incluso il personale dell’Avvocatura dello Stato.

9. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare minori risparmi rispetto a quelli già previsti a legislazione vigente e considerati nei saldi tendenziali di finanza pubblica

Nel caso che qui ne occupa l’Amministrazione appellata ha adottato un primo Regolamento di attuazione della normativa con deliberazione del 22 dicembre 2014. Con sentenza n. 5025 del 2015 il T.A.R. della Campania ha, però, annullato le previsioni regolamentari per aspetti assai rilevanti e, soprattutto, per quel che qui ne occupa, quelle relative alla applicabilità ratione temporis delle disposizioni di legge sopra riportate e, pertanto, la appellata ha adottato un nuovo regolamento con deliberazione del 5 maggio 2017 che, come norma di chiusura – art. 11 – prevede la applicazione con le cadenze temporali di cui al sopra riportato D.L..

 7.Con il ricorso introduttivo del giudizio, gli odierni appellanti hanno chiesto la condanna, sia pure generica, della Città Metropolitana al pagamento dei compensi per il caso di sentenze favorevoli all’ente che abbiano disposto la compensazione delle spese e che siano state depositate prima del 25 giugno 2014.

Hanno evidenziato di avere costituito in mora l’ente trasmettendo contestualmente l’elenco delle numerosissime parcelle – 150 per l’avv.  e circa 50 per il – per le quali non era ancora intervenuto il pagamento e di non avere ricevuto riscontro dal datore di lavoro se non con la determina dirigenziale n. 8204 del novembre 2019 con la quale la Città Metropolitana aveva ritenuto che, ai fini della liquidazione dei compensi in questione, non poteva  trovare applicazione né la precedente disciplina regolamentare né quella formulata tenendo conto dei criteri dettati dal D. L. 90/2014 e che, pertanto, la liquidazione poteva disporsi soltanto in presenza di “un accordo condiviso tra tutti i soggetti interessati”.

L’Ente convenuto non ha contestato il proprio obbligo ed ha, anzi, dedotto e dimostrato di avere erogato i compensi dovuti per sentenze favorevoli all’ente e divenute irrevocabili con le quali era stata disposta la compensazione delle spese in mancanza di qualsivoglia contestazione anche degli odierni appellanti.

Ha, però, eccepito di non essere tenuta ad ulteriori pagamenti. Alla luce di dette allegazioni, il primo Giudice ha ritenuto che i professionisti non avessero allegato i fatti costitutivi della pretesa ed in particolare non avessero compiutamente individuato l’attività professionale per la quale chiedevano di essere compensati.

Con plurimi, articolati motivi la difesa degli appellanti deduce la erroneità della ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal primo Giudice soprattutto in considerazione della domanda di condanna generica avanzata dai ricorrenti.

8.La censura è fondata poiché nel ricorso introduttivo del giudizio è contenuto un preciso riferimento al fatto costitutivo della pretesa: la prestazione di attività professionale nelle controversie, definite con sentenza favorevole e compensazione delle spese, individuate dalle parcelle inviate nell’anno 2017 in uno agli atti di costituzione in mora. In ossequio al principio di circolarità degli oneri di allegazione, la parte resistente era, dunque, onerata di eccepire che il pagamento già effettuato riguardava anche le parcelle in questione soprattutto considerato che l’ultima determina di liquidazione depositata in atti risaliva al novembre 2014 e che il diritto al compenso ben poteva esser sorto in epoca successiva avendosi riguardo a provvedimenti decisori che, sebbene adottati entro il giugno 2014, erano suscettibili di divenire giudicato anche successivamente alla data della liquidazione.

Deve, dunque, escludersi che il ricorso fosse carente nella esposizione dei fatti costituitivi della pretesa.

9.Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa dell’Ente, anche in questo grado di appello, non può, poi, dubitarsi della sussistenza dell’interesse ad agire.  I ricorrenti, infatti, ascrivono alla Amministrazione sia la illegittima applicazione dei limiti di stanziamento previsti dall’art. 9 comma 6 e del tetto complessivo ai sensi del successivo 7 comma sia, anche, l’avveramento della condizione prescritta dalla stessa Amministrazione con la determina n. 8204 e, cioè, il raggiungimento di un accordo condiviso tra tutti gli aventi diritto in ordine alle modalità di liquidazione e ripartizione dei compensi in ragione della inapplicabilità della normativa regolamentare previgente.

Orbene, dalla memoria difensiva dell’ente e dall’esame dei documenti prodotti dalle parti può ritenersi dimostrata la insussistenza di un contrasto tra le parti quanto ai primi due requisiti.

Nella determina n. 8204 del novembre 2019, infatti, viene testualmente affermato (cfr. doc. 5 della produzione di parte ricorrente di primo grado) che con sentenza numero 5025 del 2015 il Tar Campania Napoli ha espressamente statuito, in conformità a quanto previsto dall’articolo 9 del decreto legge 92/2014 che la disciplina regolamentare di attuazione della riforma…si applica alle sentenze favorevoli pronunziate successivamente al 25 giugno 2014; che secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 237 del 10/11/2017 “sono infatti rimasti indifferenti alle modifiche le prestazioni professionali inerenti a giudizi definiti con provvedimenti già depositati (o transazioni concluse) alla data di entrata in vigore del decreto o a quella di adeguamento del regolamento richiamato dal comma 5 per le quali continua ad operare la previgente più favorevole disciplina”; che per quanto sopra è esclusa l’applicabilità del limite retributivo individuale di cui al comma 7 nei compensi per prestazioni professionali inerenti a giudizi definiti con provvedimenti già depositati o transazioni concluse alla data di entrata in vigore del decreto a quella di adeguamento del regolament; che, pertanto, con nota prot. n. 21585 del 01/02/2018 l’avvocato capo coordinatore comunicava che i criteri di riparto previsti dal nuovo regolamento non trovano applicazione alle liquidazioni delle spese operate per sentenze favorevoli con condanna della controparte depositata anteriormente all’entrata in vigore del dl 92.014 affermando di non poter procedere alla relativa liquidazione a meno che non vi sia un accordo condiviso tra tutti i soggetti interessati”;

che, con nota prot. n. 104820 del 01/10/2019 gli interessati hanno proposto di procedere alla liquidazione delle predette somme dividendole in parti uguali tra tutti gli aventi diritto…..

Non sussisteva, dunque, un interesse giuridicamente rilevante all’accertamento della inapplicabilità ai compensi rivendicati dei limiti imposti dal D.L. del 2014 essendone pacifica la inapplicabilità.

10.Persisteva e persiste, per contro, il contrasto sull’avveramento della condizione legittimamente posta dall’ente, alla luce, soprattutto del disposto del comma 8 dell’art. 9 del decreto n. 90/2014 e, per vero, neppure contestata dalla difesa degli odierni appellanti, del raggiungimento di un accordo tra tutti gli aventi diritto in ordine alle modalità di liquidazione e ripartizione dei compensi in questione.

La difesa della Amministrazione resistente, infatti, ha eccepito che, mentre la nota del 1ottobre 2019 che reca la firma di tutti i togati aventi diritto ai compensi è relativa esclusivamente alla liquidazione e ripartizione delle sentenze favorevoli con le quali è stata disposta la condanna delle controparti alla rifusione delle spese legali, la nota del 19 novembre 2020 n. 127211, prodotta anche dalla parte appellante e posta dagli avv. *** a fondamento del proprio diritto poiché relativa al pagamento dei compensi per la ipotesi di compensazione delle spese, non reca la firma degli avv. ***.

La circostanza appare confermata dai documenti esibiti e nulla, sul punto, è stato dedotto dagli appellanti che si sono limitati a ribadire, nell’atto di appello, che la nota predetta era sufficiente ai fini indicati dall’ente nelle determine n. 21585/2018 e 8204/2019.

Dunque, mancando un accordo od una disciplina unilaterale – il regolamento del dicembre 2014 è stato annullato dal TAR dopo la prima determina di liquidazione ed il successivo regolamento è dichiarato espressamente inapplicabile ai compensi per cui  è causa – che consenta di quantificare e ripartire i compensi relativi alle sentenze pronunziate prima del giugno 2014 con le quali è stata disposta la compensazione delle spese, non può ritenersi fondata la pretesa di condanna dell’Amministrazione al pagamento degli eventuali compensi maturati e non ancora riscossi.

11.La gravata sentenza, dunque, deve essere confermata, sia pure con diversa motivazione, ma le spese del grado possono rimanere interamente compensate tra le parti in considerazione della complessità delle questioni dibattute.

12.Sussistono, per quanto di competenza di questo Collegio, i presupposti di legge per il raddoppio del contributo unificato.

P. Q. M.

La Corte così provvede:

– rigetta l’appello

– compensa interamente tra le parti le spese del grado;

– dà atto – ai fini delle valutazioni di competenza di questo Collegio – della sussistenza per parte appellante dei presupposti di cui al primo periodo dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 115/2002

In Napoli, il 15 novembre 2023

Il Presidente Estensore

Mariavittoria Papa 

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