Giudizio di congruità dell’offerta e rimodulazione.

T.A.R. Lombardia, Milano, I, sentenza 17.3.2020, n. 504, *** (Avv. Natale Bonfiglio) contro C.S.C. s.r.l. (Avv. Alessandro Biamonte, Francesco Saverio De Angelis), Comune di Milano (Avv.ti Antonello Mandarano, Stefania Pagano, Sara Pagliosa, Danilo Parvopasso, Emilio Luigi Pregnolato).

1.– Il comma 2 bis dell’art. 120 cpa stabilisce – nel testo applicabile ratione temporis– che “il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11. L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale…”. E invero (cfr. Tar Lombardia, sez. I, 21 febbraio 2018, n. 498), la norma individua un rito ultraveloce, che impone l’immediata contestazione dei provvedimenti di ammissione e di esclusione conseguenti alle operazioni che la stazione appaltante deve compiere in sede di verifica delle domande di partecipazione e delle attestazioni relative al possesso dei requisiti.

2. – Per costante giurisprudenza, in sede di valutazione della congruità dell’offerta e di esame delle relative giustificazioni, il concorrente non può modificare l’importo finale, né può alterare radicalmente i valori esposti; nondimeno, ciò non esclude al concorrente sottoposto a verifica la possibilità di modificare taluni elementi dell’offerta. Allo stesso modo, in sede di esplicitazione e chiarimento della consistenza delle voci dell’offerta, non è precluso al concorrente la possibilità di scorporare una singola voce per evidenziare gli elementi che la compongono, fermo restando il valore complessivo offerto.

Non sussiste alcuna illegittimità allorquando, rispondendo ad una specifica richiesta della stazione appaltante, l’aggiudicataria, in sede di giustificazione del valore esposto, non lo modifichi  sostanzialmente, ma scorpori da esso il costo delle spese generali (nel caso di specie incidenti per il 13% e il valore dell’utile, incidente per il 10%).

Il costo della manodopera è soltanto una voce che concorre, insieme alle restanti componenti, ad individuare il “costo complessivo di una lavorazione”, che, moltiplicato per le incidenze percentuali di spese generali ed utile, determina il prezzo della lavorazione.

Pertanto, la scomposizione sollecitata dalla stazione appaltante non si trduce in un’alterazione dell’offerta, ma, appunto, nella scomposizione dei valori compresi nel costo lordo della manodopera, al fine di identificare quello netto, da utilizzare per verificare il prezzo delle lavorazioni.

Del resto, tale operazione non è viziata sul piano logico, in quanto diretta ad evitare duplicazioni nell’applicazione al costo della manodopera dei valori percentuali relativi proprio alle spese generali e all’utile, trattandosi di valori che sono già compresi nel costo della manodopera.

 

Pubblicato il 17/03/2020

00504/2020 REG.PROV.COLL.

01166/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1166 del 2018, proposto da
* * S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Natale Bonfiglio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Carlo Comandè in Milano, via Festa del Perdono, 10;

contro

Comune di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonello Mandarano, Stefania Pagano, Sara Pagliosa, Danilo Parvopasso, Emilio Luigi Pregnolato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso gli uffici dell’Ente in Milano, via della Guastalla 6;

Centrale Unica Appalti del Comune di Milano non costituito in giudizio;

nei confronti

* S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro Biamonte, Francesco Saverio De Angelis, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

previa sospensione

– del provvedimento in data 19 marzo 2018, comunicato con nota Prot. Gen. 134400 del 21 marzo 2018, trasmessa via PEC, con la quale il Dirigente dell’Area Gare Opere Pubbliche del Comune di Milano ha aggiudicato alla * s.r.l. la gara di appalto (C.I.G. 7124989EE9) indetta con procedura aperta, con il criterio del prezzo più basso, per l’esecuzione di “Interventi viabilistici a favore delle utenze deboli e adeguamento accessibilità alle fermate TPL – Lotto A – CUP: B47H14000530004;

– della nota Prot. Gen. 134400 del 21 marzo 2018, trasmessa con PEC di pari data, con la quale è stata comunicata l’impugnata determina di aggiudicazione;

– della determinazione n. 95/2018 del 16 marzo 2018 Prot. Gen. N. 127471, con la quale il Responsabile del Procedimento e il Direttore Area Tecnica Infrastrutture per la Mobilità del Comune di Milano hanno ritenuto idonee le giustificazioni fornite dalla * s.r.l. in relazione al costo della manodopera esposto in sede di offerta;

– del verbale di gara in data 13 novembre 2017, con il quale la commissione di gara ha chiesto alla * s.r.l. le giustificazioni sul costo del personale;

– del verbale di gara n. 1 in data 15.2.2018 con il quale il seggio di gara ha chiesto alla * s.r.l. precisazioni in relazione ai costi della manodopera esposti in sede di offerta entro il 22.2.2018;

– del verbale di gara n. 2 in data 9.3.2018 con il quale il seggio di gara ha ritenuto congrue le giustificazioni di * s.r.l. datate 21.2.2018, rese in ottemperanza alla suddetta richiesta formulata con il verbale n. 1 del 15.2.2018;

– della nota prot. n. 199131 del 4 maggio 2018 con la quale il Responsabile del Procedimento, Dott. Marcello Oneta, del Comune di Milano ha respinto il preavviso di ricorso spiegato dalla * * s.r.l. con nota del 16 aprile 2018, ed ha confermato la determina n. 95/2018 per le motivazioni specificate;

– dei verbali di gara in seduta pubblica n. 1, n. 2 e n. 3, nonché gli altri atti e verbali di gara, approvati con l’impugnata determina di aggiudicazione definitiva, anche, nella parte in cui hanno classificato al secondo posto l’odierna ricorrente * * s.r.l. ed hanno ammesso alla gara la * s.r.l.;

nonché per la declaratoria di inefficacia:

del consequenziale contratto di appalto per l’esecuzione dei precitati lavori, ove stipulato tra il Comune di Milano e la * unipersonale s.r.l..

nonché per la condanna:

dell’amministrazione al risarcimento del danno in forma specifica infra specificato, anche previa caducazione degli effetti del contratto di appalto e/o declaratoria della relativa inefficacia, anche previo accertamento e declaratoria del diritto della * * s.r.l. all’aggiudicazione dell’appalto per cui è causa ed al relativo subentro, e la consequenziale condanna del Comune di Milano, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, all’aggiudicazione dell’appalto ed alla stipula del relativo contratto con l’odierna ricorrente che si dichiara pronta a subentrare nel contratto di appalto ove già stipulato con l’operatore economico aggiudicatario odierno controinteressato.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Milano e di * S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2020 il dott. Fabrizio Fornataro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società ricorrente impugna i provvedimenti indicati in epigrafe, deducendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili e ne chiede l’annullamento.

Contestualmente, chiede che venga dichiarata l’inefficacia del contratto, medio tempore stipulato, nonché disposto il subentro nell’aggiudicazione e il risarcimento del danno.

Si costituiscono in giudizio il Comune di Milano e * S.r.l., eccependo l’infondatezza del ricorso avversario, di cui chiedono il rigetto.

Con ordinanza n. 824/2018, depositata in data 7 giugno 2018, il Tribunale ha respinto la domanda cautelare presentata dalla ricorrente.

Con ordinanza n. 3369/2018, depositata in data 20 luglio 2018, il Consiglio di Stato ha respinto l’appello cautelare presentato dalla ricorrente.

Le parti producono memorie e documenti.

All’udienza del 15 gennaio 2020, la causa viene trattenuta in decisione.

DIRITTO

1) Dalle allegazioni delle parti e dalla documentazione prodotta in giudizio emerge che: a) gli atti impugnati afferiscono alla procedura ad evidenza pubblica indetta dal Comune di Milano con le determinazioni n. 213/2017 del 7 marzo 2017 e n. 581/2017 del 19 giugno 2017, per l’affidamento dell’appalto n. 43/2017, avente ad oggetto l’esecuzione di “Interventi viabilistici a favore delle utenze deboli e adeguamento accessibilità alle fermate TPL – Lotto A – CUP: B47H14000530004”, per un importo stimato di € 3.000.000,00 IVA compresa, da assegnare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, come previsto dal bando pubblicato all’Albo Pretorio dal 26 luglio 2017 al 20 settembre 2017; b) alla procedura hanno partecipato anche * * S.r.l. e CSC srl, che, all’esito delle operazioni di gara, si è collocata al primo posto della graduatoria; c) quindi, il Rup ha verificato che il costo della manodopera indicato da CSC srl non fosse inferiore ai minimi salariali retributivi, di cui alle apposite tabelle previste dall’art. 23, comma 16, del codice dei contratti pubblici; d) ne è derivato un contraddittorio, con presentazione di integrazioni e chiarimenti in ordine alla documentazione trasmessa; e) con verbale n. 2 del 9 marzo 2018, la stazione appaltante, all’esito della verifica complessiva, ha accertato che i costi della manodopera indicati nell’offerta economica da CSC non erano inferiori ai minimi salariali retributivi tabellari e con determinazione n. 95/2018, del 16 marzo 2018, il Direttore dell’Area Tecnica Infrastrutture per la Mobilità ed il RUP hanno concluso il procedimento di verifica nei seguenti termini:“- la manodopera impiegata dall’Operatore Economico * SRL è coerente con la tipologia dei lavori oggetto d’appalto; – i costi della manodopera dell’Operatore Economico * SRL, indicati in sede di offerta, non sono inferiori ai minimi salariali retributivi ed ai costi orari medi riportati nelle Tabelle Ministeriali di cui all’art. 23 comma 16 del Codice dei Contratti; – il monte ore rideterminato in relazione al costo complessivo della manodopera dichiarato in sede di gara, pari a 16.322,08, alla luce della tipologia dei lavori oggetto dell’appalto, della documentazione presentata dall’Operatore Economico * SRL e dei contenuti del citato documento progettuale, è congruo per l’esecuzione dei lavori oggetto del presente appalto; – di non procedere, per economicità del procedimento, con l’esame della documentazione inviata dagli Operatori Economici * * Srl e Martella Alessandro Srl (in Ati orizzontale con Cies Srl), pur avendone visionato la documentazione prodotta”; f) nella seduta pubblica del 19 marzo 2018, il Presidente della Commissione, dato atto delle risultanze di cui alla determinazione n. 95/2018 del 16 marzo 2018, ha dichiarato CSC srl aggiudicataria della procedura. Il verbale di gara in questione è stato pubblicato, ai sensi dell’art. 29, comma 1, del Codice, in data 20 marzo 2018 sul sito istituzionale della stazione appaltante e l’esito della procedura è stato comunicato ai concorrenti in data 21 marzo 2018; g) il contratto è stato stipulato in data 18 settembre 2018 e la consegna dei lavori è avvenuta in data 2 novembre 2018.

2) Deve essere esaminata con precedenza l’eccezione con la quale le parti resistenti deducono l’inammissibilità del ricorso, in quanto si risolverebbe nella contestazione dell’ammissione alla gara dell’aggiudicataria in violazione della disciplina posta dall’art. 120, comma 2 bis, c.p.a..

Vale precisare che l’art. 120, comma 2 bis, è stato abrogato dall’art. 1, comma 22 lett. a), del d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55.

Quanto ai giudizi cui si riferisce l’abrogazione, l’art. 1, comma 23, del medesimo d.l. n. 32/2019 prevede che le disposizioni di cui al comma 22 – compresa l’abrogazione dell’art. 120, comma 2 bis, cpa – “si applicano ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

Nel caso di specie, il ricorso è stato depositato in data 21 maggio 2018, sicché il giudizio davanti al giudice amministrativo si è radicato in data anteriore all’entrata in vigore della novella, con la conseguenza che al processo in esame è ancora applicabile l’art. 120, comma 2 bis, cpa.

Nondimeno, l’eccezione è infondata.

Il comma 2 bis dell’art. 120 cpa stabilisce – nel testo applicabile ratione temporis – che “il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11. L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale…”.

Come già evidenziato dal Tribunale (cfr. tra le altre, Tar Lombardia, sez. I, 21 febbraio 2018, n. 498), la norma individua un rito ultraveloce, che impone l’immediata contestazione dei provvedimenti di ammissione e di esclusione conseguenti alle operazioni che la stazione appaltante deve compiere in sede di verifica delle domande di partecipazione e delle attestazioni relative al possesso dei requisiti.

Nel caso di specie, la ricorrente deduce che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa per avere modificato, in sede di verifica di congruità, il valore esposto per la manodopera, oltreché in ragione della non corrispondenza del monte orario offerto con quello teorico di progetto.

La censura non attiene, neppure in apparenza, a profili di inammissibilità della partecipazione evidenziabili nella fase iniziale della gara, giacché essa non investe la produzione in sé o il contenuto delle dichiarazioni prodotte al momento della presentazione della domanda di partecipazione e mediante le quali la società ha attestato di possedere i requisiti di capacità necessari.

La contestazione ha ad oggetto la verifica di congruità eseguita dalla stazione appaltante e, pertanto, il contenuto dell’offerta presentata da CSC srl, con riferimento al monte ore e al costo della manodopera.

Si tratta di un profilo che emerge in una fase della procedura successiva a quella di apertura delle buste, perché attiene al momento in cui l’amministrazione, una volta effettuato, proprio in sede di apertura delle buste, il controllo documentale della presenza delle dichiarazioni relative al possesso dei requisiti, valuta le offerte e ne verifica l’attendibilità.

Insomma, la censura coinvolge aspetti che non emergono dall’esame documentale delle domande di partecipazione e delle dichiarazioni ad essa inerenti, ma che presuppongono un’attività di verifica ed eventualmente un’istruttoria che la stazione appaltante potrà, in esercizio dei poteri di cui dispone, svolgere in una fase successiva della procedura, ossia in sede di valutazione e verifica dei dati esposti in offerta.

Si tratta, pertanto, di contestazioni non deducibili ai sensi dell’art. 120, comma 2 bis, c.p.a., perché attengono a poteri della stazione appaltante non ancora esercitati nelle fasi inziali della gara.

Del resto, l’art. 34, comma 2, cpa prevede che “in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati” e ciò conferma che nei giudizi introdotti ai sensi dell’art. 120, comma 2 bis, sono ammissibili solo le censure che afferiscono ai poteri già esercitati dalla stazione appaltante, tra i quali, come evidenziato, non è possibile comprendere quello diretto alla valutazione delle offerte e alla verifica dell’attendibilità e delle coerenza con la disciplina di gara dei dati esposti.

Va, pertanto, ribadita l’infondatezza dell’eccezione in questione.

3) E’ palesemente infondata l’eccezione con la quale il Comune di Milano contesta l’interesse a ricorrere di * * srl, lamentando che le censure dedotte non consentono di individuare automaticamente la sua posizione di aggiudicataria della gara, in caso di accoglimento del ricorso.

Invero, la circostanza che la stazione appaltante abbia ritenuto di non procedere nella verifica di congruità dei costi della manodopera dell’offerta economica presentata da *, non vale ad escludere che la ricorrente si sia collocata al secondo posto della graduatoria, sicché vanta un interesse concreto ed attuale alla decisione di merito, in quanto, in caso di fondatezza, si troverebbe a ricoprire il primo posto della graduatoria, salve, come è ovvio, le ulteriori valutazioni della stazione appaltante.

4) Con più censure, da trattare congiuntamente, perché strettamente connesse sul piano logico e giuridico, * * srl contesta la valutazione di congruità effettuata dalla stazione appaltante rispetto all’offerta aggiudicataria, lamentando, da un lato, l’alterazione del costo della manodopera in sede di giustificazioni, dall’altro, il mancato rispetto dei minimi salariali e, infine, l’inadeguatezza del monte ore dichiarato.

Le censure non possono essere condivise.

Preliminarmente deve essere precisato che, per costante giurisprudenza, in sede di valutazione della congruità dell’offerta e di esame delle relative giustificazioni, il concorrente non può modificare l’importo finale, né può alterare radicalmente i valori esposti; nondimeno, ciò non esclude al concorrente sottoposto a verifica la possibilità di modificare taluni elementi dell’offerta.

Allo stesso modo, in sede di esplicitazione e chiarimento della consistenza delle voci dell’offerta, non è precluso al concorrente la possibilità di scorporare una singola voce per evidenziare gli elementi che la compongono, fermo restando il valore complessivo offerto.

La tesi per cui l’aggiudicataria avrebbe alterato illegittimamente il costo della manodopera non trova riscontro nella documentazione di gara.

Invero, in sede di offerta la ricorrente ha esposto un costo della manodopera pari ad euro 450.000,00.

Rispondendo ad una specifica richiesta della stazione appaltante, l’aggiudicataria, in sede di giustificazione del valore esposto, non lo ha modificato sostanzialmente, ma ha scorporato da esso il costo delle spese generali, incidenti per il 13% e il valore dell’utile, incidente per il 10%.

Va precisato, sin d’ora, che in sede di giustificazione la ricorrente ha indicato in luogo del valore complessivo di 450.000,00 euro quello di 449.739,13 euro (cfr. chiarimenti in data 21 febbraio 2018, doc. 18 del Comune di Milano), ma è evidente che si tratta di una differenza talmente marginale da non incidere sull’effettiva consistenza del costo della manodopera.

Ne è derivata la scomposizione del valore complessivo della manodopera dichiarato in offerta, al lordo cioè di spese generali e utile, nel modo seguente: a) costo della manodopera netto pari ad euro 361.813,90; b) valore delle spese generali incidenti sulla manodopera euro 47.035,81; c) valore dell’utile incidente sulla manodopera pari ad euro 40.884,97.

Insomma, in sede di verifica di congruità la ricorrente non ha modificato il valore dell’offerta complessiva, ma ha solo scorporato i valori compresi nel costo della manodopera già dichiarato.

Non solo, il costo della manodopera è soltanto una voce che concorre, insieme alle restanti componenti, ad individuare il “costo complessivo di una lavorazione”, che, moltiplicato per le incidenze percentuali di spese generali ed utile, determina il prezzo della lavorazione.

Ecco, allora, che la scomposizione sollecitata dalla stazione appaltante non si è tradotta in un’alterazione dell’offerta, ma, appunto, nella scomposizione dei valori compresi nel costo lordo della manodopera, al fine di identificare quello netto, da utilizzare per verificare il prezzo delle lavorazioni.

Del resto, tale operazione non è viziata sul piano logico, perché è diretta ad evitare duplicazioni nell’applicazione al costo della manodopera dei valori percentuali relativi proprio alle spese generali e all’utile, trattandosi di valori che sono già compresi nel costo della manodopera.

Anche la dedotta violazione dei minimi tabellari non è condivisibile.

La ricorrente si limita ad asserire tale violazione, ma non la dimostra in concreto, perché la correla al monte ore teorico e non al monte ore effettivo indicato dall’aggiudicataria.

Sul punto occorre precisare che la lex specialis si limita a prevedere un monte ore “teorico”, determinato in modo non assoluto e inderogabile, ma sulla base di un costo “teorico” complessivo della manodopera e dividendo quest’ultimo per il costo orario “teorico” medio della manodopera.

In tal senso, l’amministrazione ribadisce espressamente che le “ore teoriche lavorate previste in progetto sono quantificate dalla stazione appaltante sulla base dell’esecuzione di cantieri standard presi a riferimento per la valorizzazione del dato numerico”.

Ora, è evidente che il monte ore teorico non coincide con quello effettivo offerto dall’aggiudicataria, in dipendenza del contenuto complessivo dell’offerta presentata.

E’ proprio in relazione al monte ore concretamente offerto dall’aggiudicataria, pari a 16.322,08 ore – ritenuto congruo dalla stazione appaltante – che deve essere determinato, muovendo dal costo complessivo dichiarato della manodopera, il costo orario della manodopera stessa.

La stazione appaltante partendo da tali presupposti ha riscontrato la coerenza dei valori esposti con quelli tabellari, fermo restando che questi ultimi non sono valori rigidi e vincolanti, ma consentono scostamenti in dipendenza delle peculiarità organizzative e gestionali del singolo operatore.

La ricorrente non ha tenuto conto di tali profili e si limita a contestare tanto il costo orario della manodopera, quanto il monte ore dichiarato dall’aggiudicataria, ancorandosi ai valori teorici indicati dalla lex specialis e senza tenere conto del monte ore concretamente indicato dall’aggiudicataria e del correlato costo unitario della manodopera.

In definitiva, nel corso della verifica di congruità non si è realizzata alcuna sostanziale modificazione dei valori espressi per la manodopera, ferma restando che la coerenza del monte ore complessivo con l’oggetto dell’appalto e l’adeguatezza del costo orario della manodopera riferibile a tale monte ore sono state coerentemente riscontrate dalla stazione appaltante in dipendenza dei valori esposti dall’aggiudicataria e non sulla base della mera considerazione dei valori teorici di progetto.

Va, pertanto, ribadita l’infondatezza delle censure proposte.

5) In definitiva, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando:

1) respinge il ricorso indicato in epigrafe;

2) condanna * * srl al pagamento delle spese di lite, liquidandole in euro 4.000,00 (quattromila), oltre accessori di legge, da dividere in uguale misura tra il Comune di Milano e *** srl.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2020 con l’intervento dei magistrati:

Domenico Giordano, Presidente

Fabrizio Fornataro, Consigliere, Estensore

Rocco Vampa, Referendario

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Fabrizio Fornataro Domenico Giordano

 

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