Consiglio di Stato, Sez. VII, Pres. Lipari, Est. Contessa, sent. 3 novembre 2023, n. 9486. Soc. XY (Avv. Alvilio Presutti, Felice Vaccaro) contro Comune di Fiesole (Avv. Alessandro Biamonte).
1. Il destinatario della misura di ripristino può prescindere all’accertamento in ordine alla materiale individuazione del responsabile dell’abuso, considerato che esso non si identifica solo con colui che ha materialmente seguito l’opera ritenuta abusiva, ma anche con colui che di quell’opera ha la materiale disponibilità e pertanto è in grado di provvedere alla demolizione e di restaurare così l’ordine violato (cfr. T.A.R. Toscana Sez. III 28.02.2017 n. 313; Cons. St., Sez.VI, 30.06.2017 n. 3210; TAR Campania, Salerno, Sez. I, 6.06.2017 n. 1028). Pertanto (cfr. TAR Lazio, Roma, 2 bis, 2.11.2017, 10933) come reiteratamente affermato dalla costante giurisprudenza amministrativa, «… affinché il proprietario di una costruzione abusiva possa essere destinatario dell’ordinanza di demolizione non occorre stabilire se egli sia responsabile dell’abuso, poiché la stessa disposizione nazionale si limita a prevedere la legittimazione passiva del proprietario non responsabile all’esecuzione dell’ordine di demolizione, senza richiedere l’effettivo accertamento di una qualche responsabilità. Il presupposto per l’adozione di un’ordinanza di ripristino non è l’accertamento di responsabilità storiche nella commissione dell’illecito, ma l’esistenza di una situazione dei luoghi contrastante con quella codificata nella normativa urbanistica ed edilizia e l’individuazione di un soggetto che abbia la titolarità ad eseguire l’ordine ripristinatorio e, quindi, il proprietario in virtù del suo diritto dominicale. In considerazione di ciò, la misura ripristinatoria è posta a carico non solo dell’autore dell’illecito, ma anche del proprietario del bene e dei suoi aventi causa” (cfr. T.A.R. Toscana Sez. III 28.02.2017 n. 313; Cons. St., Sez.VI, 30.06.2017 n. 3210; TAR Campania, Salerno, Sez. I, 6.06.2017 n. 1028)».
2. Il provvedimento conclusivo della Conferenza di Servizi costituisce elemento assorbente rispetto a ogni profilo interente la legittimità dell’installazione di una antenna per la radiodiffusione sia sul piano della legittimità urbanistica e paesaggistica dell’opera, sia di quella relativa alla parametri strettamente connessi all’emissione del segnale. Come ha ribadito la Giurisprudenza sul puntoi (cfr. T.A.R. Lazio, Latina, 22.1.2015, n. 69) deve ritenersi superata la precedente struttura dicotomica del modello della Conferenza di Servizi, articolantesi in una fase che si concludeva con la determinazione della Conferenza, dotata di mera valenza endoprocedimentale e come tale non impugnabile, ed in un’ulteriore fase che si concludeva con il provvedimento finale, unico atto impugnabile, in quanto provvisto di valenza esoprocedimentale ed esterna, effettivamente determinativa della fattispecie ed incidente sulle situazioni degli interessati (v. T.A.R. Toscana, Sez. II, 11 giugno 2012, n. 1104; T.A.R. Umbria, Sez. I, 21 maggio 2012, n. 192). Nell’attuale assetto la determinazione finale della Conferenza rappresenta sia il momento terminale di questa, sia il provvedimento conclusivo del procedimento: quindi, come nota anche la più recente dottrina, la determinazione conclusiva, avendo valore provvedimentale e non più di atto endoprocedimentale, è dotata di immediata lesività e, come tale, è immediatamente impugnabile. Ne discende (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 15 maggio 2014, n. 509), che con l’abrogazione del comma 9 dell’art. 14-ter della l. n. 241/1990 non è più necessario adottare un distinto provvedimento finale a seguito della determinazione conclusiva della Conferenza di servizi, giacché la determinazione motivata di conclusione dei lavori sostituisce ad ogni effetto ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle Amministrazioni partecipanti alla Conferenza stessa, ed è atto autonomamente impugnabile. L’Amministrazione procedente può comunque adottare un successivo provvedimento di contenuto identico alla determinazione conclusiva che, tuttavia, è atto meramente confermativo (nel nostro caso Ordinanza n. 87/2018 qui impugnata) e, perciò, non autonomamente impugnabile, ovvero, qualora abbia ritenuto di procedere ad una nuova istruttoria, ha natura di conferma vera e propria.
Pubblicato il 03/11/2023
N. 09486/2023REG.PROV.COLL.
N. 07921/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7921 del 2019, proposto da
Soc. XY ., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Avilio Presutti e Felice Vaccaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Avilio Presutti in Roma, piazza San Salvatore in Lauro, 10
contro
Comune di Fiesole, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Alessandro Biamonte, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Pistoia 6;
Provincia Toscana San Francesco Stimmatizzato dei Frati Minori, Città di Fiesole – Città metropolitana, Radio Monte ., non costituiti in giudizio
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 324/2019
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Fiesole;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 13 settembre 2023 il Pres. Claudio Contessa e udito l’avvocato Felice Vaccaro per la parte appellante;
Viste altresì le conclusioni di parte appellata come in atti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società SOC. XY . impugna la sentenza indicata in epigrafe che ha respinto il ricorso n. 1077/2018 proposto dalla stessa società per l’annullamento dell’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi adottata dal Comune di Fiesole con il n. 87 del 21 maggio 2018.
Con il medesimo ricorso la società ha altresì impugnato gli atti presupposti e connessi, compresi il parere del responsabile Dipartimento Urbanistica Comune di Fiesole del 16 ottobre 2017 e la determinazione n. 636 del 16 novembre 2017, del Responsabile del Dipartimento Risorse del Comune di Fiesole, di conclusione negativa della conferenza dei servizi indetta dal Comune di Fiesole il 10 aprile 2017; nonché della nota PEC in data 28 novembre 2017 recante avvio del procedimento per infrazione edilizia per carenza di legittimità urbanistico edilizia e per il profilo di tutela dei beni culturali e paesaggistici.
In punto di fatto si osserva che la SOC. XY ., odierna appellante, sia la proprietaria di un’antenna trasmittente installata sull’area di proprietà della Provincia Toscana di San Francesco Stimmatizzato dei Frati Minori in Fiesole (d’ora innanzi, anche: ‘la Provincia Toscana’). Detta società, in quanto destinataria dell’ordinanza n. 87/2018 con la quale il Comune di Fiesole intimava la demolizione di opere abusive, ha proposto ricorso giurisdizionale lamentando la propria estraneità all’abuso edilizio nonché vizi di legittimità del provvedimento recante l’ordine di demolizione.
Con la sentenza impugnata, il TAR ha preliminarmente riunito, per ragioni di connessione oggettiva, i due ricorsi proposti dalla Provincia Toscana di San Francesco Stimmatizzato dei Frati Minori e da SOC. XY . avverso la medesima ordinanza di demolizione n. 87/2018 ad essi notificata rispettivamente in qualità di proprietario e di proprietario dell’antenna.
Successivamente, sempre in via preliminare, ha respinto l’eccezione di inammissibilità dei ricorsi come dedotta dal Comune resistente, escludendo sia un onere di impugnazione della determina di conclusione negativa della Conferenza dei servizi in quanto relativa alla proposta di riconfigurazione dell’impianto, sia una prestata acquiescenza da parte delle ricorrenti.
Il Giudice di primo grado ha poi statuito per la loro infondatezza respingendoli nel merito. Per quanto è qui di più interesse si osserva come in relazione alle censure dedotte da SOC. XY ., il TAR si sia determinato nei seguenti termini.
Innanzitutto, ha respinto la doglianza inerente alla pretesa estraneità della società all’abuso contestato. Sul punto, la sentenza impugnata osserva come la stessa ricorrente si sia dichiarata proprietaria dell’antenna per cui è causa. Consegue da tale circostanza dirimente il rigetto anche del secondo motivo di ricorso con il quale si lamentava la genericità dell’ordinanza di demolizione anche in relazione all’indicazione del responsabile dell’abuso. Secondi il TAR deve per il resto ritenersi sufficiente ai fini della specificità del provvedimento il riferimento all’assenza di un efficace titolo edilizio abilitativo. Aggiunge sul punto che non possono diversamente rilevare né l’autorizzazione n. ** rilasciata ai soli fini della compatibilità paesaggistica; né i pareri della Soprintendenza rilasciati il 7 marzo 1989 e il 29 dicembre 1989. Il TAR osserva, infatti, come l’autorizzazione edilizia n. ** sia stata rinnovata fino all’annualità 1999/2000, e che l’invocato atto n. ** costituirebbe un nulla osta paesaggistico ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 1497/1939, di per sé non idoneo ad integrare il contenuto dell’autorizzazione n. **. Pertanto, in assenza di un efficace titolo edilizio appare legittima l’ordinanza di demolizione adottata dall’amministrazione.
Il primo Giudice rileva, pertanto, anche l’infondatezza della doglianza con la quale la società ricorrente lamentava un difetto di specificazione in ordine allo stato di fatto dell’immobile; nonché del motivo di ricorso volto a censurare l’omesso accertamento sull’autore dell’abuso e l’omessa valutazione delle segnalazioni del legale della società in ordine all’esistenza della richiamata autorizzazione n. **, sul duplice assunto che: “la predetta autorizzazione non vale, come visto, ai fini edilizi, mentre l’individuazione del responsabile dell’illecito non è necessaria”.
In via conclusiva, il giudice di prime cure, sulla base di un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, ha respinto la pretesa lesione di un legittimo affidamento per effetto del lungo lasso temporale decorso dalla commissione dell’abuso; nonché la violazione di un preteso obbligo motivazionale aggravato a carico della p.a. in ordine all’interesse pubblico alla demolizione e alla posizione del privato.
La parte appellante ripropone e sviluppa le doglianze disattese dal TAR in relazione al ricorso N.R.G. 1077/2018, lamentando vizi di violazione di legge ed eccesso di potere della sentenza impugnata.
Preliminarmente, parte appellante ha ritenuto di dover procedere ad un’articolata ricostruzione in punto di fatto della presente vicenda processuale. Nello specifico, deduce che il Comune di Fiesole, visto il nulla osta della CBA (n.***) e della Soprintendenza (n. ***) e visto altresì il parere della commissione edilizia ***, rilasciava alla Provincia Toscana di San Francesco Stimmatizzato dei Frati Minori, in data ***, l’autorizzazione n. *** per “installazione di antenna ripetitore per l’emittente xy Radio e costruzione di locale per installazione servizi dell’antenna”. Parte appellante deduce, peraltro, che l’autorizzazione conteneva delle prescrizioni speciali, tra le quali il rinnovo annuale su domanda del titolare pena la demolizione e rimessa in pristino dei luoghi.
L’appellante SOC. XY afferma ancora di essere, poi, subentrata a Sammarco Radio nella gestione e manutenzione degli apparati di trasmissione della struttura, fermo l’impegno di *** Radio a cederle la postazione e a versare al Convento il canone annuo.
Nelle more, l’autorizzazione n. 51 veniva rinnovata ogni anno fino al 1999. L’appellante deduce, tuttavia, il rilascio di un altro titolo (autorizzazione n. ***) da parte del Comune di Fiesole per “realizzazione di nuova stazione ripetitrice e relativo sistema di irradiazione, c/o il Convento di S. Francesco”. In particolare, prospetta come la modifica si fosse resa probabilmente necessaria per il maggior numero di esercenti radiofonici.
Successivamente, subentrava nell’utilizzo della frequenza dalla postazione per cui è controversa, Radio Monte , la quale avrebbe dovuto continuare a versare il canone al convento, ferme le prestazioni di manutenzione impianti di SOC. XY. Solo in un momento successivo SOC. XY veniva a conoscenza della circostanza che Radio Monte aveva in realtà smesso di versare l’affitto dovuto.
Nel 2017, poi, ARPAT a seguito di misurazioni del campo elettromagnetico esprimeva valutazioni critiche sul superamento del limite di inquinamento elettrico, le quali determinavano l’esito negativo della conferenza dei servizi del 17 ottobre 2017, rispetto alla quale SOC. XY asserisce di non essere stata coinvolta al pari della precedente tenutasi in data 13 luglio 2017 su iniziativa delle emittenti con impianti sulla suddetta postazione.
SOC. XY eccepisce, inoltre, di non aver neppure ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio per abusi edilizi prot. ***.
Osserva, poi, criticamente come per un trentennio l’amministrazione non avesse assunto iniziative ancorché l’ultimo rinnovo risalisse al 1999, giustificando tale comportamento proprio argomentando sulla sussistenza di una seconda autorizzazione n. *** priva delle menzionate “prescrizioni speciali” e, altresì, sull’assenza di abusi, a maggior ragione a suo carico.
L’appellante SOC. XY prosegue, poi, rilevando come una volta ricevuta l’ordinanza di demolizione si sia attivata con diverse iniziative. Dapprima, facendo presente di non essere il soggetto tenuto agli incombenti per il rinnovo dell’autorizzazione e di non essere responsabile delle illegittimità contestate alla struttura, sita nel convento, sotto il profilo urbanistico, edilizio e paesaggistico. Poi, chiedendo copia dell’autorizzazione n. ***, istanza che reiterava avendo ricevuto in riscontro l’autorizzazione n. ***. All’esito della seconda istanza, l’amministrazione comunicava l’inesistenza in archivio del provvedimento richiesto. SOC. XY otteneva, dunque, solo la documentazione in possesso della Soprintendenza, che confermerebbe, secondo quanto dedotto dall’appellante, l’esistenza dell’autorizzazione n. ***.
Conseguentemente, la società afferma di aver inoltrato al Comune siffatta documentazione unitamente all’istanza di revoca dell’ordinanza di demolizione, sull’assunto che la perdurante efficacia dell’autorizzazione *** rendeva gli abusi contestati, lavori autorizzati.
Ciò premesso in punto di fatto, parte appellante articola, poi, le seguenti censure in diritto.
Con il primo motivo di appello, rubricato “Violazione art. 7 L. n. 1497/1939, art. 112 c.p.c., carenza di motivazione; vizio di eccesso”, si lamenta la motivazione erronea e insufficiente del TAR che, in violazione dell’art. 112 c.p.c., avrebbe omesso di esaminare la censura inerente all’estraneità della società rispetto all’abuso contestato. Tale doglianza è riproposta in sede di gravame dalla parte che eccepisce una carenza di legittimazione e, dunque, una violazione di legge e un vizio di eccesso di potere per illogicità e carenza istruttoria dell’ordinanza n. 87/2018 nella misura in cui erroneamente non individua il titolare del bene del protetto nonché lo stesso bene ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 1497/1939.
Con il secondo motivo di appello, “Travisamento dei fatti – mancato esame di documenti in atti – carenza istruttoria”, si ribadisce la sussistenza di una seconda autorizzazione (n. ***), priva di prescrizioni “speciali”, che si afferma essere stata rilasciata su “istanza del ***, per la realizzazione di nuova stazione ripetitrice e relativo sistema di irradiazione c/o il Convento di San Francesco, cioè di struttura di telecomunicazione diversa da quella oggetto dell’autorizzazione n. **”.
Peraltro, si asserisce che l’autorizzazione n. **, pur a volerla ritenere riferibile all’autorizzazione edilizia n. **, legittimerebbe con il parere favorevole della Soprintendenza del **, le modifiche alla struttura, già installata presso il terreno del Convento di S. Francesco, in Fiesole, come richieste nell’istanza del 4 aprile 1989.
Sotto lo specifico profilo della legittimazione ad essere destinataria dell’ordine di demolizione, SOC. XY . evidenzia l’errore del TAR nella parte in cui valorizza la circostanza che sia stata la stessa società ad autodefinirsi proprietaria dell’antenna. Parte appellante eccepisce, infatti, che non avrebbe potuto provvedere al ripristino sull’assunto che pur rimuovendo la sua antenna dalla struttura comunque l’abuso edilizio sarebbe rimasto. Precisa, inoltre, come lo stesso spostamento dell’impianto in altra sede fosse in verità determinato da esigenze di evitare l’inquinamento radioelettrico e non quale “rimedio” agli abusi commessi, come erroneamente ritenuto. Quindi, ribadisce la sua estraneità all’abuso edilizio deducendo al più un suo coinvolgimento sotto il diverso profilo dell’inquinamento radioelettrico, al pari delle altre emittenti trasmittenti, che comunque nei fatti non si è verificato essendo la stessa società rimasta asseritamente estranea alle conferenze dei servizi del 2017 in relazione al campo elettromagnetico delle emittenti con apparati sulla struttura all’interno del Convento.
Con il terzo motivo di appello si censura la sentenza di prime cure in quanto viziata da eccesso di potere per mancato esame di documenti in atti nonché per contraddittorietà ed illogicità. Nello specifico, si contestano la statuizione di irrilevanza dei pareri rilasciati dalla Soprintendenza del *** e la generica affermazione di inefficacia dell’autorizzazione paesaggistica per mancato rinnovo dopo l’annualità 1999/2000. Parte appellante deduce, infatti, che il nulla osta del ** accedeva all’autorizzazione n. ** e integrandola avrebbe determinato la decadenza delle prescrizioni speciali in essa contenute.
Con il quarto e ultimo motivo, la società appellante insiste sulla lesione di un legittimo affidamento.
Alla luce di tali motivi in diritto, parte appellante conclude per l’accoglimento delle domande proposte in primo grado con il ricorso N.R.G. 1077/2018, chiedendo di annullare, in riforma della sentenza impugnata, l’ordinanza n. 87/2018, nonché i relativi atti presupposti, consequenziali e/o connessi.
Il Comune di Fiesole si è costituito in giudizio concludendo per il rigetto dell’appello.
La Provincia Toscana di San Francesco Stimmatizzato dei Frati Minori e Radio . non si sono costituite in giudizio.
In vista dell’udienza di trattazione nel merito del ricorso, le parti costituite hanno depositato memorie difensive e di replica.
In particolare, l’amministrazione comunale con memoria depositata in data 11 luglio 2023 ha eccepito innanzitutto un’inammissibilità dei motivi di appello sia per assenza di specificità sia per profili di censura non propriamente incentrati sul thema decidendum. Nel merito, contesta quanto ex adverso dedotto evidenziando la natura vincolata e doverosa del provvedimento sub iudice.
Il Comune insiste sulla mancata impugnazione della determina adottata all’esito della Conferenza dei servizi n. *** e sulla conseguente prestata acquiescenza. Sul punto, rileva come da detta circostanza deriverebbe: da un lato, l’improcedibilità dell’appello per carenza di interesse; dall’altro, la definitività e irretrattabilità dell’accertamento che ne costituisce il contenuto, determinando l’inammissibilità del gravame e l’infondatezza dei vizi di legittimità dedotti in relazione all’ordinanza n. **.
Sotto altro profilo, si evidenzia la palese infondatezza della doglianza con la quale parte appellante lamenta la propria estraneità alla commissione dell’abuso, ancorché rivesta la qualifica di proprietario. Parimenti, si contesta la pretesa esistenza di un autonomo titolo autorizzatorio, come affermato da controparte. Sul punto, si precisa come il n. ** individui: sia il numero di pratica della Commissione beni ambientali, che con parere *** si è espressa sull’autorizzazione n. **; sia il numero di Delibera di Giunta Comunale n. ** con la quale è stato ratificato l’anzidetto parere n. ** della CAB, reso nella seduta n. *** sulla pratica n. **. In via conclusiva, parte appellata deduce l’infondatezza dei pretesi vizi di difetto di istruttoria e carenza di motivazione del provvedimento amministrativo ribadendo altresì il carattere vincolato dell’ordinanza di demolizione.
In sede di replica, l’odierna appellante con memoria depositata in data 20.07.2023 insiste nelle proprie difese ed eccezioni evidenziando un travisamento dei fatti, come prospettati nella memoria difensiva di controparte, nonché l’infondatezza delle argomentazioni ivi svolte.
All’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del 13 settembre 2023, svoltasi da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da SOC. XY . avverso la sentenza del TAR Toscana, n. 324/2019 con cui è stato respinto il ricorso proposto dalla stessa società per l’annullamento dell’ordinanza di demolizione n. *** (riguardante un’antenna ripetitore per trasmissioni radiofoniche) e degli altri atti presupposti e connessi.
2. Va preliminarmente osservato che con la sentenza in epigrafe sono stati definiti sia il ricorso n. 1064/2018 (proposto dalla Provincia Toscana di San Francesco Stimmatizzato avverso l’ordinanza comunale di demolizione in data 21 maggio 2018), sia il ricorso n. 1077/2018 (proposto dall’odierna appellante avverso la medesima ordinanza).
La sentenza in questione è stata tuttavia appellata dalla sola SOC. XY ., ragione per cui le relative statuizioni hanno acquisito la forza del giudicato nei confronti della Provincia Toscana di San Francesco Stimmatizzato
3. Con il primo motivo di appello, più analiticamente descritto in narrativa, la società ricorrente lamenta che erroneamente il TAR abbia omesso di accogliere (e, prima ancora, di esaminare) il motivo con cui si era chiesto di dichiarare che la stessa appellante fosse estranea alla vicenda per cui è causa (e che, pertanto, l’ordine di rimozione del manufatto non avrebbe potuto esserle rivolto).
L’appellante (reiterando un motivo già articolato in primo grado) osserva al riguardo che l’ordina avrebbe dovuto essere rivolto unicamente alla Provincia Toscana di San Francesco Stimmatizzato – in quanto proprietaria dell’area e del traliccio su cui erano installati gli impianti di trasmissione – e non anche all’appellante – la quale era soltanto proprietaria di una delle antenne ivi installate.
Ciò, in quanto il bene oggetto di tutela ai fini della conservazione e tutela dei beni di interesse culturale (articolo 7 della legge n. 1497 del 1939) era rappresentato dal convento e dal giardino (di proprietà della Provincia Toscana) e non anche dai manufatti ivi installati (peraltro, posizionati su un altro manufatto – il traliccio – di proprietà della stessa provincia Toscana).
3.1. Il motivo è infondato, avendo l’amministrazione comunale correttamente rivolto l’ordine di rimozione non solo all’Istituto proprietario dell’area e del traliccio, ma anche all’odierna appellante (in qualità di proprietaria – il che è pacifico – di una delle antenne per radiodiffusione ivi installate).
Al riguardo ci si limita ad osservare:
– che il provvedimento impugnato in primo grado non è stato adottato (solo) per violazione delle disposizioni di legge in tema di protezione dei beni culturali, bensì in ragione della carenza di un titolo edilizio di carattere abilitante (dirimente in tal senso è la lettura del ‘considerato’ a pagina 3 del richiamato provvedimento);
– che risulta quindi non pertinente il richiamo operato dall’appellante alla (sola) disciplina in materia vincolistica al fine di individuare il corretto destinatario dell’ordine di rimozione;
– che, trattandosi di installazione abusiva sia in relazione all’installazione del traliccio, sia in relazione ai singoli manufatti ivi installati, correttamente il primo Giudice ha richiamato l’applicazione dell’articolo 31, comma 2 del d.P.R. 380 del 2001 (in base al quale l’ordine di rimozione di interventi realizzati in assenza del – necessario – permesso di costruire va rivolto “al proprietario e al responsabile dell’abuso”);
– che, non essendo in contestazione che la titolarità dell’antenna spetti alla società appellante (la quale ha pacificamente ammesso tale circostanza), e dovendosi ritenere che l’installazione di tale manufatto rappresenti u elemento costitutivo dell’abuso edilizio (contribuendo alla permanente modifica dell’assetto dell’area), ne consegue che del tutto correttamente il Comune abbia deciso di rivolgere anche all’appellante l’ordine di rimozione.
3.2. La sentenza in epigrafe deve dunque sotto tale aspetto essere confermata.
4. Con il secondo motivo di appello la SOC. XY . lamenta che erroneamente il TAR avrebbe omesso di rivelare (e sotto un diverso profilo) la sua estraneità nei confronti delle condotte poste a fondamento del provvedimento comunale in data 21 maggio 2018, impugnato in primo grado.
In particolare il primo Giudice avrebbe erroneamente ritenuto che l’odierna appellante si fosse dichiarata proprietaria dell’“antenna” cui era riferita l’ordinanza comunale di rimozione.
In tal modo decidendo, tuttavia, il TAR avrebbe erroneamente confuso
– da un lato, l’autorizzazione n. 51 rilasciata dal Comune in data 17 giugno 1989 (tale autorizzazione: i) era relativa all’installazione di una “antenna per apparati di trasmissione delle emittenti” – in sostanza, un ‘palo’ –; ii) concerneva i soli profili edilizi e iii) era stata rilasciata alla Provincia Toscana di San Francesco);
– dall’altro, l’autorizzazione n. 363 rilasciata dal Comune in data 27 giugno 1989 (tale autorizzazione, al contrario: i) era relativa alla realizzazione di “una nuova stazione ripetitrice e relativo sistema di irradiazione”; concerneva i profili paesaggistico-ambientali e iii) era stata rilasciata su istanza del sig. ***, al tempo titolare dell’emittente).
Quindi, omettendo di rilevare l’importanza decisiva di tale circostanza in fatto, il TAR avrebbe erroneamente omesso di accogliere il motivo con il quale l’odierna appellante aveva affermato la propria radicale estraneità rispetto alle condotte oggetto di sanzione.
4.1. Il motivo è infondato.
Dall’esame del provvedimento in data 21 maggio 2018 emergeva in modo piuttosto chiaro la consapevolezza della distinzione fra:
– da un lato, la postazione per telecomunicazioni in quanto tale (i.e.: il sostegno sul quale erano installate le diverse antenne di trasmissione – ovvero, il ‘palo’, nell’esplicazione di parte appellante) e
– dall’altro, le singole stazioni ripetitrici con i relativi sistemi di irradiazione (i.e.: ‘le antenne’) di trasmissione, come quella di titolarità dell’appellante.
È sufficiente al riguardo il confronto fra la pagina 1 del provvedimento (ove si parla espressamente di una “postazione per telecomunicazioni (…) posta in prossimità del convento di San Francesco” e di cui era proprietaria la Provincia di San Francesco) e la pagina 4 (ove si attribuisce all’appellante la proprietà della sola “antenna” installata su tale postazione).
Pertanto, non emerge dal provvedimento (e, di conseguenza, dalla sentenza impugnata) la lamentata confusione fra i due manufatti.
Per quanto riguarda, poi, l’aspetto sostanziale della censura, si rinvia a quanto già osservato retro, sub 3.1: era il complesso delle installazioni esistenti in loco a dover essere dichiarato abusivo e tale abusività riguardava sia l’installazione del traliccio, sia i singoli manufatti ivi installati, compreso quello di proprietà dell’appellante (i manufatti in parola, infatti, rappresentavano un elemento costitutivo dell’abuso edilizio e contribuivano a propria volta alla permanente modifica dell’assetto dell’area).
5. Con il terzo motivo di appello la SOC. XY . lamenta che erroneamente il TAR abbia negato rilevanza, ai fini paesaggistici, ai pareri rilasciati dalla competente Soprintendenza in data 7 marzo 1989 e 29 dicembre 1989 e – in modo parimenti generico – si sarebbe limitata ad affermare che “l’autorizzazione paesaggistica accedere all’autorizzazione edilizia n. **” (medio tempore divenuta inefficace), ma senza specificare a quale delle due autorizzazioni si facesse riferimento.
5.1. Il motivo non può trovare accoglimento.
Al riguardo ci si limita ad osservare che, anche a prescindere dai profili paesaggistici della vicenda – sui quali si sofferma l’appellante – (e anche ad ammettere – il che è tutt’altro che pacifico – che potesse sussistere un’incertezza nel richiamo operato dal TAR ai due richiamati titoli), era comunque insuperabilmente ostativo all’accoglimento delle tesi dell’appellante la mancanza di un valido titolo edilizio a sostegno della realizzazione e della permanenza in loco del manufatto (antenna) di sua proprietà.
Si trattava di una circostanza – di per sé insuperabile, come si è detto – di per sé idonea a sorreggere il contenuto dispositivo dell’impugnato provvedimento comunale.
6. Con il quarto motivo di appello la SOC. XY . lamenta che erroneamente il TAR abbia respinto il motivo con il quale si era lamentata la violazione del legittimo affidamento in ragione del notevole lesso di tempo trascorso fra l’installazione del proprio manufatto e quello dell’adozione del provvedimento comunale del 21 maggio 2018.
In particolare il TAR avrebbe erroneamente richiamato le statuizioni rese dall’Adunanza plenaria in ordine ai rapporti fra abusivismo edilizio e tutela del legittimo affidamento: il richiamo sarebbe erroneo per la dirimente ragione che all’appellante non poteva essere contestata la realizzazione di alcun abuso, essendo la stessa titolare di un manufatto comunque assistito da un previo titolo edilizio.
6.1. Il motivo deve essere respinto per ragioni del tutto analoghe a quelle dinanzi evidenziate retro, sub 3.1, 4.1 e 5.1.
In particolare:
– per le ragioni dinanzi esposte (e alle quali qui espressamente si rinvia) non può escludersi che anche all’appellante fosse imputabile una condotta abusiva, le cui conseguenze erano riconducibili all’ambito di applicazione del d.P.R. 380 del 2001, articolo 31;
– contrariamente a quanto affermato dall’appellante (e per le ragioni dinanzi esposte) non può affermarsi che la realizzazione e la permanenza in loco dell’antenna di sua proprietà fosse assistita da un valido titolo ai fini edilizi. Al contrario – e a tutto concedere – la stessa era unicamente titolare dell’autorizzazione ai fini paesaggistici n. 363 del 27 giugno 1989, di per sé inidonea a giustificare la permanenza in loco del manufatto.
7. Per le ragioni dinanzi esposte l’appello deve essere respinto.
Sussistono nondimeno giusti ed eccezionali motivi per giustificare la compensazione delle spese fra le parti, anche in ragione della complessità e della peculiarità della vicenda per cui è causa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo repsinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 settembre 2023 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari, Presidente
Claudio Contessa, Consigliere, Estensore
Sergio Zeuli, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere
Rosaria Maria Castorina, Consigliere
| L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
| Claudio Contessa | Marco Lipari |

