Corte di Cassazione, II sez. civ., 30.5.2017, n. 13773, Pres. Matera, Est. Manna, *** (Avv. Raffaele CROCETTA), controricorrente, e *** (Avv. Giuseppe PERNA), controricorrente e ricorrente incidentale contro Comune di Casamarciano (Avv. Alessandro BIAMONTE – Gaetanina MAIO).
- Come chiarito dalle S.U. della Corte con sentenza n. 24627/07, sulla base del principio dell’interesse all’impugnazione, l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza; conseguentemente, è ammissibile, sia quando rivesta la forma della controimpugnazione rivolta contro il ricorrente principale, sia quando rivesta le forme della impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell’impugnazione principale, anche se fondata sugli stessi motivi fatti valere dal ricorrente principale, atteso che, anche nelle cause scindibili, il suddetto interesse sorge dall’impugnazione principale, la quale, se accolta, comporterebbe una modifica dell’assetto delle situazioni giuridiche originariamente accettate dal coobbligato solidale.
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E’ inammissibile la questione di giurisdizione che sia sollevata per la prima volta nel giudizio di cassazione. Le S.U. di questa Corte con sentenza n. 24883/08 hanno affermato che l’interpretazione dell’art. 37 c.p.c., secondo cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo (“asse portante della nuova lettura della norma”), della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli.
- La sola asserzione che il Comune avrebbe dovuto notificare tali atti anche ai proprietari e non solo al responsabile dell’abuso edilizio, non vale a configurare una critica dotata dei requisiti di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, che la costante giurisprudenza della Corte richiede ai fini dell’ammissibilità della doglianza (cfr. ex pluribus, Cass. nn. 15952/07, 13259/06 e 2312/03).
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la pronuncia di condanna generica al risarcimento presuppone soltanto l’accertamento di un fatto potenzialmente produttivo del danno, rimanendo l’accertamento della concreta esistenza dello stesso riservato alla successiva fase, con la conseguenza che al giudice della liquidazione è consentito di negare la sussistenza del danno, senza che ciò comporti alcuna violazione del giudicato formatosi sull‘an (giurisprudenza costante di questa Corte: cfr. tra le più recenti massimate, Cass. n. 15335/12). In particolare, la privazione del possesso conseguente all’occupazione di una parte di un fondo altrui costituisce un fatto potenzialmente causativo di effetti pregiudizievoli, idoneo a legittimare la pronunzia di condanna generica al risarcimento del danno, la quale si risolve in una declaratoria iuris che non esclude la possibilità di verificare, in sede di liquidazione, la reale esistenza del danno risarcibile ( cfr. Cass. n. 9043/12).
Nello specifico, l’occupazione, senza titolo dal 1994 in poi, dei beni immobili in questione da parte degli odierni ricorrenti, è dunque di per sé potenzialmente idonea a produrre un danno al Comune, ferma restando la necessità della relativa prova nel separato giudizio di merito volto alla condanna specifica.
link a Sentenza Cassazione n. 13773/2017 formato grafico
R.G. 27686/2016
Repubblica Italiana
In nome del Popolo Italiano
La Corte Suprema di Cassazione
Seconda Sezione Civile
Composta dagli ill.mi Signori Magistrati:
- Dott. Lina Matera, Presidente
- Dott. Felice Manna, Relatore
- Dott. Guido Federico, Consigliere
- Dott. Federico Cosentino, Consigliere
- Dott. Antonio Scarpa, Consigliere
ha pronunciato la seguente sentenza
sul ricorso n. 27686/2012 proposto da
***
CONTRO
COMUNE DI CASAMARCIANO P.I.84004450635 IN PERSONA DEL SINDACO P.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PISTOIA 6, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO BIAMONTE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. GAETANINA MAIO;
– controricorrente –
Nonché da:
***, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS 31, presso lo studio dell’avvocato VITO SOLA, rappresentati e difesi dall’avvocato SABATO GIUSEPPE PERNA, per proc. spec. del 21/12/2016 rep. n.174;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
contro
COMUNE DI CASAMARCIANO IN PERSONA DEL SINDACO P. T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PISTOIA 6, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO BIAMONTE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GAETANINA MAIO;
– controricorrente al ricorso incidentale –
avverso la sentenza n. 3140/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 14/10/2011;
Omissis
Il comune di Casamarciano conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Nola, *** per l’accertamento della nullità (o comunque dell’inopponibilità) degli atti traslativi stipulati in loro favore tra il 1977 ed il 1990, aventi ad oggetto dei box auto che assumeva essere di sua proprietà in virtù del decreto di acquisizione n. 1604 dell’8.4.1994, emesso ai sensi dell’art. 7 legge n. 47/85.
Nel resistere in giudizio i convenuti deducevano che gli atti di trasferimento erano stati stipulati tra il 1977 ed il 1978, per cui erano soggetti al diverso regime di cui all’art. 15 della legge n. 10/77. Proponevano, inoltre, domanda riconvenzionale di usucapione della proprietà.
La domanda principale, dichiarata inammissibile dal giudice di primo grado in quanto l’ordine di demolizione e di acquisizione degli immobili al patrimonio comunale non era stato notificato anche ai nuovi proprietari, era invece accolta dalla Corte d’appello di Napoli. Ciò in considerazione del fatto che la procedura di acquisizione degli immobili al patrimonio del comune era stata perfezionata con l’emissione dell’ordinanza di demolizione ai sensi dell’art. 7 legge n. 4 7/85 in data 12.10.1987 e con il successivo decreto di acquisizione gratuita n. 1604/94. Provvedimenti, questi, che (i) avrebbero dovuto essere stati impugnati in sede amministrativa; pertanto, (ii) essi non potevano essere sindacati dal giudice ordinario; (iii) avevano determinato l’acquisto a titolo originario della proprietà in favore del comune; (iv) con la conseguente caducazione di pesi e vincoli preesistenti e (v) la nullità degli atti pubblici di trasferimento dei medesimi beni a terzi. Infine, emetteva condanna generica al risarcimento del danno a carico degli appellati.
Per la cassazione di tale sentenza *** propone ricorso principale. ** e ** hanno presentato controricorso con ricorso incidentale tardivo aderendo ai motivi del ricorso principale.
Ad entrambi resiste il comune di Casamarciano con separati controricorsi.
Rispettive memorie ex art. 378 c.p.c. sono state depositate da *** ** e ** ** e dal comune di Casamarciano.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Preliminarmente va respinta l’eccezione d’inammissibilità del ricorso incidentale tardivo proposto da ** e **, sollevata dal comune di Casamarciano in considerazione del fatto che l’interesse al ricorso, da parte dei suddetti, è sorto direttamente dalla sentenza e non come conseguenza dell’impugnazione principale proposta da **.
Infatti, come chiarito dalle S.U. di questa Corte con sentenza n. 24627/07, sulla base del principio dell’interesse all’impugnazione, l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza; conseguentemente, è ammissibile, sia quando rivesta la forma della controimpugnazione rivolta contro il ricorrente principale, sia quando rivesta le forme della impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell’impugnazione principale, anche se fondata sugli stessi motivi fatti valere dal ricorrente principale, atteso che, anche nelle cause scindibili, il suddetto interesse sorge dall’impugnazione principale, la quale, se accolta, comporterebbe una modifica dell’assetto delle situazioni giuridiche originariamente accettate dal coobbligato solidale.
Nella specie, la condanna di tutti gli odierni ricorrenti alle spese del doppio grado di merito, che in applicazione dell’art. 1294 c.c. deve ritenersi solidale, costituisce l’interesse dei ricorrenti incidentali all’impugnazione tardi va, per evitare un giudicato interno che, nell’ipotesi di accoglimento del ricorso principale, riducendo il numero dei condebitori avrebbe gravato in percentuale maggiore sui restanti.
1–bis – I motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale sono comuni e vanno esaminati, pertanto, congiuntamente.
1–ter. – Il primo motivo deduce la violazione dell’art. 37 c.p.c. per difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Rilevabile in ogni stato e grado, il difetto di giurisdizione, sostiene parte ricorrente, avrebbe dovuto essere rilevato dalla Corte d’appello, trattandosi di controversia avente ad oggetto gli effetti di una sanzione amministrativa in materia urbanistica, come tale devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 16 della legge n. 10/77.
2. – Il secondo motivo espone la violazione o falsa applicazione dell’art. 1418 c.c., 15 e 16 legge n. 10/77 e 11 preleggi, in connessione con il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c. p.c., per aver la Corte distrettuale dichiarato la nullità dei contratti di trasferimento degli immobili in questione ai sensi della legge n. 4 7/85, ancorché tali negozi traslativi fossero anteriori a detta legge e soggetti alla legge n. 10/77. La quale ultima sanzionava di nullità (art. 15, 7° comma) gli atti giuridici aventi ad oggetto unità edilizie costruite in assenza di concessione, non anche in difformità dalla stessa com’è avvenuto nella specie.
3. – Il terzo mezzo deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 1418 c.c., 6, 7, 8 e ss. e 17 e ss. legge n. 47/85, come modificati dagli artt. 29 e ss. e 46 del D.P.R. n. 380/01, 4 e 5 legge n. 2248 del 1865, all. E, in connessione col vizio di cui all’art. 360, n. 5 c.p.c., perché la Corte territoriale non ha tenuto conto del fatto che il comune di Casamarciano non aveva notificato nulla agli odierni ricorrenti, ancorché i loro atti d’acquisto fossero stati trascritti tempestivamente; e che l’acquisizione gratuita dell’area al patrimonio indisponibile del comune è una sanzione autonoma collegata al difetto di demolizione, con la conseguenza che essa è irrogabile solo nei confronti dell’autore dell’abuso e non può operare in danno del proprietario dell’area che risulti estraneo ad esso. Nella specie, prosegue la censura, è pacifico che i proprietari degli immobili al momento dell’emissione dell’ordinanza di demolizione erano diversi dalla cooperativa edilizia che aveva realizzato il complesso immobiliare e commesso gli abusi edilizi. Né, sostengono infine i ricorrenti, risponde al vero che l’ordinanza di acquisizione non avrebbe dovuto essere notificata ai proprietari, ma solo ai responsabili dell’abuso, poiché la giurisprudenza amministrativa afferma costantemente che il provvedimento che accerta l’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione, che costituisce titolo per l’immissione in possesso e l’acquisizione delle opere abusive al patrimonio del comune, può essere adottato solo previa notifica al proprietario dell’immobile dell’ordinanza di demolizione ed a seguito dell’inutile decorso del termine per la sua esecuzione.
4. – Il quarto motivo allega la violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 116 c.p.c., in connessione col vizio di cui all’art. 360, n. 5 c.p.c., in quanto la Corte territoriale avrebbe pronunciato la condanna generica degli odierni ricorrenti ancorché il comune non avesse fornito alcuna prova, neppure indiretta, del danno subito per la mancata disponibilità dei beni immobili.
5. – Il primo motivo è inammissibile, per essere stata sollevata la questione di giurisdizione per la prima volta nel presente giudizio di cassazione.
Com’è noto, infatti, le S.U. di questa Corte con sentenza n. 24883/08 hanno affermato che l’interpretazione dell’art. 37 c.p.c., secondo cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo (“asse portante della nuova lettura della norma”), della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. All’esito della nuova interpretazione della predetta disposizione, volta a delinearne l’ambito applicativo in senso restrittivo e residuale, ne consegue che: 1) il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle parti anche dopo la scadenza del termine previsto dall’art. 38 c.p.c. (non oltre la prima udienza di trattazione), fino a quando la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado; 2) la sentenza di primo grado di merito può sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione; 3) le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, operando la relativa preclusione anche per il giudice di legittimità; 4) il giudice può rilevare anche d’ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito. In particolare, il giudicato implicito sulla giurisdizione può formarsi tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione per le sole decisioni che non contengano statuizioni che implicano l’affermazione della giurisdizione, come nel caso m cm l’unico tema dibattuto sia stato quello relativo all’ammissibilità della domanda o quando dalla motivazione della sentenza risulti che l’evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione (ad es., per manifesta infondatezza della pretesa) ed abbia indotto il giudice a decidere il merito per saltum, non rispettando la progressione logica stabilita dal legislatore per la trattazione delle questioni di rito rispetto a quelle di merito.
Nella specie, il giudice di primo grado ha respinto la domanda del Comune per la mancata notifica anche ai nuovi proprietari dell’ordine di demolizione e di acquisizione degli immobili, previo accertamento incidentale del fatto che questi ultimi erano stati realizzati in violazione della legge n. 47/85. Si tratta, pertanto, di una statuizione che per il fatto stesso di involgere sia il carattere abusivo degli immobili, sia la necessità della notificazione dei provvedimenti di demolizione e di acquisizione ai proprietari, è qualificabile non in termini d’inammissibilità, come erroneamente dichiarato dal Tribunale, ma di rigetto nel merito. Tale pronuncia, quindi, contiene un’affermazione implicita sulla giurisdizione, contro la quale gli odierni ricorrenti avrebbero dovuto proporre appello incidentale condizionato ali’ accoglimento dell’appello principale del comune di Casamarciano.
6. – Il secondo ed il terzo motivo, da esaminare congiuntamente per la loro comune inerenza al tema dell’invalidità dei titoli di provenienza degli odierni ricorrenti, sono infondati.
Occorre considerare innanzi tutto che nessuna delle due censure scalfisce, pur richiamandola, la parte della sentenza impugnata che ha affermato l’insindacabilità in questa sede ordinaria dei provvedimenti amministrativi di demolizione e di acquisizione gratuita, che avrebbero dovuto essere impugnati in sede (giurisdizionale) amministrativa. La sola asserzione che il Comune avrebbe dovuto notificare tali atti anche ai proprietari e non solo al responsabile dell’abuso edilizio, non vale a configurare una critica dotata dei requisiti di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, che la costante giurisprudenza di questa Corte richiede ai fini dell’ammissibilità della doglianza (cfr. ex pluribus, Cass. nn. 15952/07, 13259/06 e 2312/03). Essa, infatti, per la sua genericità e non inerenza alla suddetta ratio decidendi, non sottrae efficacia al rilievo operato dalla Corte territoriale, che ha ritenuto sindacabile in sede ordinaria la legittimità di tali provvedimenti. Non senza aggiungere che proprio la mancata notifica di essi ai proprietari avrebbe dovuto formare oggetto d’un apposito motivo di impugnazione innanzi al giudice amministrativo, come, del resto, afferma Cass. S.U. n. 19357/03, secondo cui la controversia promossa dal privato avverso l’ordinanza sindacale, emessa ai sensi dell’art. 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, di demolizione ovvero di acquisizione al patrimonio comunale di un manufatto abusivo, appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ex art. 16 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, a nulla rilevando che il Comune abbia agito in assunta carenza di potere (in quella fattispecie, proprio per omessa notificazione dell’ordinanza sindacale ad uno dei comproprietari).
Formatosi il giudicato interno su tale parte della sentenza impugnata e, con essa, sull’esistenza e validità dei provvedimenti acquisitivi, è vano discettare del tipo di nullità espressa che affligge i contratti traslativi di immobili costruiti difformemente da quanto assentito dalla P.A., così come del rilievo officioso di tale causa d’invalidità. Il richiamo a Cass. n. 1693/06, operato dalla stessa sentenza impugnata e neppur esso minimamente contrastato dai motivi di ricorso, dimostra che l’ordinanza di acquisizione gratuita al patrimonio indisponibile del Comune della costruzione eseguita in totale difformità o assenza della concessione, emessa dal sindaco ai sensi dell’art. 7 della legge n. 4 7 del 1985, dà luogo ad un acquisto a titolo originario della proprietà, con la conseguenza di caducare i diritti reali, dominicali e non, preesistenti, trasformando i beni acquisiti in res extra commercium.
Allo stesso modo, non mette conto indagare sulla portata oggettiva e sull’efficacia soggettiva del giudicato amministrativo esterno di cui alla decisione del Consiglio di Stato n. 898/93 (v. memoria parte controricorrente), così come eccepito dal comune di Casamarciano (già con i controricorsi), secondo il quale gli immobili in contestazione sarebbero stati ultimati nel 1987, e dunque dopo la stipulazione dei relativi atti traslativi. In ogni caso, questi ultimi sono recessivi, per il principio di diritto appena premesso, rispetto al susseguente acquisto a titolo originario in favore dell’ente pubblico, avvenuto nel 1994.
7. – Anche il quarto mezzo d’annullamento non ha pregio.
In generale, la pronuncia di condanna generica al risarcimento presuppone soltanto l’accertamento di un fatto potenzialmente produttivo del danno, rimanendo l’accertamento della concreta esistenza dello stesso riservato alla successiva fase, con la conseguenza che al giudice della liquidazione è consentito di negare la sussistenza del danno, senza che ciò comporti alcuna violazione del giudicato formatosi sull‘an (giurisprudenza costante di questa Corte: cfr. tra le più recenti massimate, Cass. n. 15335/12).
In particolare, la privazione del possesso conseguente all’occupazione di una parte di un fondo altrui costituisce un fatto potenzialmente causativo di effetti pregiudizievoli, idoneo a legittimare la pronunzia di condanna generica al risarcimento del danno, la quale si risolve in una declaratoria iuris che non esclude la possibilità di verificare, in sede di liquidazione, la reale esistenza del danno risarcibile ( cfr. Cass. n. 9043/12).
Nello specifico, l’occupazione, senza titolo dal 1994 in poi, dei beni immobili in questione da parte degli odierni ricorrenti, è dunque di per sé potenzialmente idonea a produrre un danno al Comune, ferma restando la necessità della relativa prova nel separato giudizio di merito volto alla condanna specifica.
8. – In conclusione entrambi i ricorsi, principale ed incidentale, vanno respinti.
9. – Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza dei ricorrenti tutti in solido tra loro.
P.Q.M.
La Corte rigetta sia il ricorso principale che quello incidentale e condanna i ricorrenti tutti, in solido tra loro, alle spese, che liquida in € 4.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 19.1.2017.
Depositato il 30.5.2017
Il Presidente Lina Matera
L’Estensore Felice Manna